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“Il CAI – Club Alpino Italiano è una libera associazione nazionale che ha per scopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale”. È l’articolo 1, Titolo I dello Statuto del Club Alpino Italiano nato il 23 ottobre, un venerdì come oggi, di cento cinquantasette anni fa per opera di Quintino Sella (1827-1884), ministro delle Finanza dell’allora Regno d’Italia, la cui effige è tuttora esposta all’ingresso della sede centrale in via Petrella n. 19 a Milano. Insieme a lui altri 183 soci, tutti appartenenti alle classi più agiate della società.

In realtà l’idea a Sella è venuta l’agosto precedente, in occasione di un’ascesa della vetta del Monviso compiuta dallo statista biellese insieme a Giovanni Baracco, Paolo e Giacinto di Saint-Robert. L’associazione, che vede la luce a Torino due anni dopo la proclamazione dell’unità d’Italia, è la quarta in ordine di tempo a costituirsi in Europa. Dopo l’apertura della sede sociale nel capoluogo piemontese, nascono le sezioni di Varallo e Agordo, nel 1868 è la volta di Firenze e tre anni dopo di Napoli. Fino alla Prima guerra mondiale il CAI mantiene un ruolo unitario, ampliando l’adesione presso la società civile e diffondendo la pratica dell’alpinismo tra la borghesia, in forte ascesa. Inizia anche l’edificazione dei rifugi alpini che prima del 1900 sono già 57. Nel 1908 prende avvio l’iniziativa editoriale della “Guida dei monti d’Italia” che, partita dal testo sulle Alpi Marittime, oggi conta 63 volumi che costituiscono la più completa descrizione geografica, geologica e alpinistica del territorio montano del nostro paese.

L’associazione non fa mancare il suo apporto quando l’Italia entra nel primo conflitto mondiale. Nel 1915, l’allora presidente, il senatore Lorenzo Camerano, lancia un proclama agli alpinisti italiani. “La Patria chiama tutti i suoi figli al fiero cimento. Accorriamo con cuore accesso di sacro amore per la grande Madre comune e con fede incrollabile nei suoi alti destini e nella sua vittoria, a dare a essa tutta l’opera nostra e il nostro sangue”, le sue parole. Oltre duemila soci rispondono alla chiamata.

Nel primo dopoguerra cambia l’anima del CAI che amplia la base associativa, entrando nei circoli operai, nelle scuole e nell’università con l’istituzione del Sucai.

Con l’avvento del Fascismo viene inquadrato nel Comitato Olimpico Nazionale Italiano e con l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale l’attività viene, per forza di cose, ridotta. Nel dopoguerra il CAI si impegna sia per la Resistenza che nella ricostruzione del paese. Dei 380 rifugi su Alpi e Appennini, quartieri generali migliori nella lotta per la liberazione, 64 vengono completamente distrutti e buona parte dei rimanenti fortemente danneggiati dai reparti tedeschi e fascisti.

Finalmente, con la ripresa della vita civile, ripartono anche le attività sociali e le adesioni passano dalle 30mila dei primi anni della guerra alle 91mila del 1948. Nel 1954 una spedizione alpinistica organizzata dal CAI porta la bandiera italiana sulla seconda vetta più alta del mondo, il K2, in Pakistan. Nello stesso anno viene costituito il Soccorso alpino con lo scopo di provvedere “alla vigilanza e prevenzione degli infortuni nell’esercizio delle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, al soccorso degli infortunati o dei pericolanti, e al recupero dei caduti”. Oggi è strutturato in 47 delegazioni locali e 269 stazioni di soccorso, si avvale di 7.280 volontari di cui 335 medici ed è riconosciuto come servizio di pubblica utilità dalla legge n. 74 del 21 marzo 2001.

Dal canto suo invece il CAI oggi vanta oltre 320mila iscritti presso 816 sezioni (tra cui quella di Mantova) e sottosezioni (tra le quali quella di Suzzara) sparse su tutto il territorio nazionale, conta oltre 700 rifugi alpini con più di 20mila posti letto e 170 scuole nelle quali operano circa 2.500 istruttori di alpinismo estivo, invernale e di escursionismo insieme a 1.450 guide e un paio di centinaia tra esperti e tecnici qualificati.

Tiziana Pikler