Calcio – L’eterno dilemma delle riforme. Cresce il consenso per la B a 40

MANTOVA Più passano i giorni, più cresce la voglia di riformare il calcio italiano. Certo siamo ancora a livello di dibattito e opinioni personali di vari dirigenti. Nulla di veramente concreto. Sotto i riflettori, al momento, c’è altro: la ripartenza della Serie A in primis (oggi vertice decisivo tra Figc, Lega e Governo); e poi il nodo della C, con la sua ripresa sempre più incerta e l’infuocata querelle sui verdetti; per non parlare della D, con la levata di scudi dei club virtualmente retrocessi contro la Lnd. A far chiarezza penserà il Consiglio Federale del 3 giugno (data da confermare).
Proprio in quella sede si affronterà anche il tema riforme, per la prima volta in una sede istituzionale dopo l’emergenza Covid. Era stato lo stesso presidente federale  Gabriele Gravina ad annunciarlo in occasione del precedente Consiglio, invitando le società ad avanzare delle proposte. E in effetti, negli ultimi giorni, molti hanno parlato. Due aspetti stanno emergendo: il consenso alle riforme; e la preferenza per la B a 40 squadre.
Per quanto riguarda le riforme in sè, il coro è pressochè unanime e comprende anche il Mantova: le riforme sono necessarie. Perchè 100 squadre professionistiche sono troppe, perchè bisogna rendere il calcio più sostenibile, perchè se non ora quando. Norme alla mano, per farle entrare in vigore servirebbe un anno: non quindi dalla stagione 2020-21, bensì dal 21-22. Ma sono sempre di più le società che, facendo leva sulle circostanze eccezionali di questo periodo storico, spingono per anticipare i tempi. Riducendo già dalla prossima annata i club professionistici e introducendo una categoria semiprofessionistica. Da questo orecchio il Mantova non ci sente: riforma sì, ma dal 2021-22. Il piano di viale Te prevedeva l’approdo nel professionismo, non il cambiamento delle regole in corsa con inserimento nel semiprofessionismo.
Per quanto riguarda il… format della riforma (si perdoni il gioco di parole), l’orientamento sembra chiaro: si va verso una Serie B a 40 squadre (divisa in due gironi da 20). Queste 40 squadre, unite alle 20 di A, costituirebbero il gruppo dei 60 club professionistici. La C diventerebbe “semiprof” e includerebbe a sua volta 60 squadre: le 40 non promosse in B, più altre 20 provenienti dalla D (le prime due di ogni girone più le due migliori terze). A favore di tale riforma si sono schierati anche il presidente della Lega di B  Mauro Balata e quello della Lnd  Cosimo Sibilia. L’alternativa sarebbe spalmare i 60 club “prof” in tre categorie: 20 in A, 20 in B e 20 in C. In questo disegno lo status di semiprofessionismo sarebbe affidato a una C2 da 40 o 60 squadre. Sibilia, in particolare, si è dichiarato contrario: «Non accetterò mai qualsiasi proposta che vada a penalizzare la Serie D – ha detto – . Ad esempio, se oggi per arrivare in A dalla D bisogna scalare tre categorie, non sarei disponibile a discutere dell’aggiunta di un’altra serie per raggiungere questo obiettivo. Non possono chiederci l’inserimento di un altro gradino a quella che è la normale scala tra le categorie».
Insomma, tutto lascia presagire che le riforme vadano in porto, e con lo schema della B a 40 squadre. L’unica vera incognita, come dicevamo, riguarda le tempistiche. Il fronte dei favorevoli al cambiamento immediato si allarga, ma la ripresa dei campionati e il clima chiassoso che regna nel calcio italiano rendono difficile (almeno in teoria) una rivoluzione di tale portata già dalla prossima stagione. In ogni caso, il dibattito sta entrando nel vivo. Non resta che attendere il Consiglio Federale del 3 giugno, per capire davvero a che punto siamo e quali prospettive ci riserva il futuro.