MANTOVA Ha attraversato stadi, curve, trasferte epiche e meno epiche, vittorie e sconfitte, giornate di gloria e drammi senza fine. Ha resistito alla pioggia, al sole, agli strappi del tempo e alle mode che cambiano. Per 37 anni è stato il simbolo di una passione incrollabile, cucita su tela e portata ovunque da una tifoseria che non ha mai smesso di crederci e dietro quel drappo ha inseguito successi e coltivato sogni. È stato arrotolato e srotolato centinaia di volte, issato su vetrate, tenuto tra le mani di ragazzi diventati adulti, fotografato da giornali e televisioni, riconosciuto da chiunque frequentasse gli spalti e rispettato. Ora, quello striscione storico – che ha accompagnato generazioni di tifosi in giro per l’Italia – si prepara a vivere una nuova fase: la pensione. Ma non finirà in un polveroso magazzino o appeso in qualche sede di club. No, il suo destino è più tenero e sorprendente: tornerà a casa di chi quello striscione lo ha voluto, disegnato e custodito. Tornerà a casa Franzoni, perché è giusto così, è giusto che ritorni dove tutto è iniziato e dove tutto è improvvisamente e maledettamente finito troppo presto. Un gesto, questo, che racchiude tutta la poesia del calcio vissuto con il cuore, dove dietro ogni bandiera c’è una storia, una famiglia, un affetto che non si spegne.








































