MANTOVA Che cos’è la storia? Sembra una domanda semplice, alla quale chiunque si sia seduto tra i banchi di scuola saprebbe fornire una risposta più o meno circoscritta. E invece la storia è una scienza per sua natura incompleta, inesatta, al punto che secondo Alessandro Barbero il compito del buon storico è quello di avvicinarsi il più possibile alla realtà dei fatti accaduti, senza poter sperare di poterli conoscere – e dunque raccontare – nella loro interezza.
Che cosa sia la storia, come si possa fare tornare in vita determinati eventi passati, sono stati i temi portanti del dialogo andato in scena ieri sera in piazza Castello tra due medievisti d’eccezione: Barbero appunto, che certo non ha bisogno di presentazioni, e Alessandro Vanoli, pure lui storico di professione. Come rispondere, allora alla domanda iniziale? Messo alle strette, Barbero afferma: «La storia è da un lato qualcosa che succede, e dall’altro il mestiere di chi cerca di ricostruirlo a posteriori».
Ma non è tutto. La storia può essere quella dei grandi eventi, ovvero quella perlopiù insegnata a scuola, e quella della vita quotidiana, della gente comune, di quelle persone che attraversano le epoche in un silenzio difficilissimo da rompere. «Farei carte false per conoscere cosa mangiasse a colazione un contadino nel Medioevo» dice Barbero per spiegare, in termini semplici, la difficoltà di un mestiere che in fondo è prima di tutto una vocazione. Ecco allora che «la storia è tutto, il catalogo di tutto quello che gli esseri umani hanno fatto nel mondo».
Il punto è ricostruire, se non una verità completa (tentazione utopica), almeno una porzione di verità. «La verità – dice Barbero – esiste ma è molto complessa, sfuggente, non si può conoscere tutta e il lavoro dello storico consiste nel cercare di arrivare alla verità evitando tante trappole».
Sono forse discorsi per un pubblico più specialistico che generalista, eppure è un dato di fatto che oggi la storia sia una passione che accomuna tante persone che fino a ieri sospettavano di detestarla, e una buona parte del merito va proprio ad Alessandro Barbero – e ad altri come lui.
E il presente? Praticamente è insondabile, sia per lo storico che per chiunque altro. «Come verrà raccontata, in futuro, questa epidemia? Se chiedessi a ognuno dei presenti di spiegare l’epoca in cui vive, e di cui è testimone, ognuno scriverebbe cose diverse: ogni fonte è diversa. Allo stesso modo non possiamo sapere in quale epoca ci troviamo. Chi viveva nell’antichità non era consapevole di vivere nell’“antichità”. Idem chi viveva nel Medioevo, e così via. Quindi per noi, oggi, è impossibile stabilire in quale epoca viviamo. Lasciamo che lo decidano tra mille anni…».
Fabio Guastalla