Confusione nelle norme? Centri di giardinaggio e florovivaisti chiedono un po’ di buonsenso

MANTOVA  Una delle cose che ha portato in dote il Coronavirus è, sfortunatamente, la confusione. Norme, autocertificazioni e decreti si sono susseguiti dall’inizio del lockdown, lasciando spazio anche ad interpretazioni; e, di conseguenza, a disagi. Ne sa qualcosa il mondo dei florovivaisti e dei centri di giardinaggio, categorie inserite nella classificazione Ateco 1, che, dopo il blocco totale dei primi tempi, ha potuto riaprire intorno alla metà di aprile, ricevendo il benestare di Regione Lombardia e Governo; non sono mancati, come da segnalazioni che abbiamo ricevuto, disguidi e fraintendimenti. Come, ad esempio, persone che non si sono potute recare nel garden center del paese limitrofo perché l’acquisto di fiori o piante è stato ritenuto superfluo. Casi isolati intendiamoci bene, ma che permettono di sottolineare una cosa tutt’altro che scontata: le piante ed il verde hanno infinite funzioni benefiche sulla salute dei cittadini e sulla salute pubblica, pertanto sono considerate un bene primario al pari delle altre produzioni agricole. Una considerazione recepita anche ai massimi vertici dello Stato, come dimostra la circolare del Ministero dell’Interno dove si riconosce che l’intera filiera del verde, tra cui rientrano appunto centri di giardinaggio e florovivaisti, è compresa nell’ambito delle attività consentite. Insomma, l’acquisto di una pianta in una di queste realtà (e, prossimamente, anche negli esercizi commerciali dei fiorai, attualmente chiusi) è tutto fuorchè una cosa superflua e, quindi, è assolutamente consentita. La confusione che si è venuta a creare non ha avuto certamente dei risvolti piacevoli nella vita quotidiana; ecco perché a volte un po’ di buonsenso può avere gli stessi effetti benefici di una bella pianta.
Federico Bonati