Anziani maltrattati nella Rsa, chiesti tre anni per l’ex direttrice

MANTOVA Tre anni di reclusione. Questo quanto proposto ieri dal pubblico ministero, a fronte invece di un’istanza assolutoria da parte della difesa, nei confronti della ex direttrice della casa di riposo di Revere, unica imputata con rito ordinario nel processo per presunti maltrattamenti perpetrati una decina di anni fa nella stessa Rsa e a cui è contestata una precipua condotta omissiva circa la dovuta vigilanza su degenti e personale assistenziale e infermieristico. Nello specifico gli addebiti a lei afferiti risalirebbero al periodo compreso tra il novembre del 2014 e il maggio del 2015 quando, a seguito di numerose segnalazioni da parte dei parenti dei pazienti, erano scattate le indagini dei militari dell’Arma. Vittime sarebbero stati, segnatamente, diversi anziani affetti da demenza senile o Alzheimer (nel frattempo tutti deceduti) fatti oggetto, durante le quotidiane operazioni assistenziali, di percosse, strattoni, spintoni nonché offese e ingiurie. Violenze reiterate rievocate in apertura d’istruttoria, oltre che documentate da telecamere e intercettazioni ambientali, non solo dai parenti dei degenti, dei quali solo uno si è costituito parte civile con l’avvocato Silvia Ebbi, ma anche da operatori sanitari in servizio al tempo. Come il caso di un medico chiamato a constatare il decesso di un’anziana, a cui era stato staccato l’ossigeno tre ore prima, che si sarebbe rivolto al corpo senza vita nel letto, irridendolo: «Direi che sei morta, cosa dici? Sì, siamo proprio morti ». Gli stessi testimoni avevano inoltre riferito come la figura di riferimento per pazienti, familiari e operatori fosse comunque la direttrice della Rsa, cui sarebbero stati segnalati a tempo debito i maltrattamenti, ma senza esito. Circostanza questa respinta con fermezza dall’imputata in sede di proprio esame. «Il mio incarico – aveva dichiarato innanzi al giudice Maria Silvia Siniscalchi – era esclusivamente amministrativo e non sanitario anche se per un breve periodo mi ero anche occupata delle assunzioni. Quando i carabinieri mi avevano notificato il provvedimento d’indagine ero letteralmente caduta dalle nuvole, non avrei mai sospettato che all’interno della struttura potessero verificarsi episodi di simile gravità». Sentenza fissata al prossimo 17 giugno.