Buscoldo paese romantico dove la nebbia è sentimento

MANTOVA Arrivate a Buscoldo sul far della sera, in una giornata di tardo autunno, e vi sembra di entrare in un mondo di fiaba. Quasi.

Atmosfera, come si dice, rarefatta. Qualche passante per caso, una signora accompagna il cagnolino nella sgambata serale e da un bar anzi dal signor Caffè del Teatro escono voci soavi e quasi rincuoranti. Non saprei da dove si sostanzia la sensazione di romanticismo E perché mai dovrei poi saperlo visto che faccio il cronista e non lo psicologo o il sociologo. Ma questo mi sembra un borgo di cuore, di romanticismo: ecco, Buscoldo paese romantico.

Saranno le luci soffuse, sarà pavimentazione storica della piazza e delle strade del centro, sarà quello sfondo del sagrato che porta alla facciata della chiesa, saranno i cortili gentili, sarà questa facciata illuminata e la signora che non ti conoscere e che ti sorride e dice pure buona sera, insomma basta forse poco per me considerare un paese romantico ma qui ci sono dei parametri sensitivi oggettivi.

Vado a cercare in rete qualcosa di Buscoldo che mi faccia sognare qualcosa di romantico. Beh, prima di tutto vedo che il paese, frazione del ben noto comune di Curtatone, ha una pianta topografica assai irregolare e sembra, a naso e a occhio, una fortezza. Un disegno di mura immaginarie. Bastioni e cavalieri, alabarde e trincea?

No nulla di tutto ciò ma una sensazione visiva. Mh, qui gatta ci cova. Perché mai Buscoldo deve avere questa forma geo-topografica? Un lato di base spesso e grande e due braccia di paese che si prolungano sulla campagna, da una parte verso Ronchi e dall’altra verso Serraglio e in mezzo un’insenatura di terra altrui.

Benvenuti nella pancia più pancia della campagna mantovana dove hai fossi e canali da tutte le parti, ponti e ponticelli, casali e stalle, giardini, agriturismi e rotoballe. Dire: che c’entrano le rotoballe? Paesaggii padano e poi da rima con stalle. Buscoldo, mh Buscolo, questo nome non mi è nuovo. Come Carneade del povero Abbondio don-don. Mi arrivò familiare sin dai tempi del giornale. Perché all’ufficio amministrazione distribuzione lavorava un esperto collega Giuliano Gandolfi che, se ricordo bene, abitava proprio a Buscoldo. E Giuliano era Giuliano, oltre che responsabile della distribuzione del giornale anche assistente personale del direttore Rino Bulbarelli. Era importante il buscoldese Gandolfi e il suo cognome mi allietava perché mi sembrava di stare in famiglia: era lo stesso di mia mamma. In fondo portevano essere pure parenti ma non l’ho mai approfondito. Diceva nonna materna che erano stati a Gabbiana. Mah. Comunque tornando a Buscoldo quella volta sentii Giuliano dire: “Beh a vagh a Bascold”. Mi si insinuò un moto di curiosità. Il nome musicale, quasi ad assonanza gerundiva mi interrogava.

Ci fu un evento al Teatro Verdi di Buscoldo, quello del caffè, e lì vidi per la prima volta questa atmosfera romantica di paese senza mura ma con le soffici pareti impalpabili della nebbia, rarefatta, specchio di sentimenti. Oh questa è bella: la nebbia leggera che riflette in un posto particolare le sensazioni e i sentimenti che provi. Da provare.

E vabbè Bin (come mi chiamava Gandolfi) tu la butti in poesia, mi sento dire, ma questo è anche un paese del buon mangiare e del buon bere. Insegne di ristoranti e trattorie ben conosciute, un negozio centrale che lancia e illumina le prelibate specialità mantovane. Com’è bella la parola “tipicità”. Anche questa è poesia più o meno romantica. Sempre se non erro – da queste parti nella pancia della pianura mantovana puoi ritrovarti davvero errante- era dicevo se non erro di Buscoldo l’indimenticato fotografo del giornale Sandro Somenzi, col quale ho fatto tanti articoli. Mitico Sandro, sempre pronto sempre attento. Il suo occhio fotografico accompagnava e completava le parole e mi dava consigli su come eventualmente tagliare immagine e contorni. Un grande professionista che purtroppo ci lasciò per un improvviso malore a soli quarant’anni. Piansi, ricordo.

Forse anche questa vena di ricordi tra nostalgia e personaggi vissuti mi fa sentire, non solo apparire, romantico Buscoldo. Ma vale per tutti e per tutti i luoghi. Non a caso ognuno di noi ha il proprio posto del cuore o dell’anima. I miei sono anche della gola. Buona. Mi piace curiosare e leggo dalle fonti di “Italia in dettaglio” che Buscoldo ha 1659 abitanti: 784 maschi, 875 femmine e che praticamente non c’è disoccupazione. Dei 724 abitanti con età uguale o superiore a 15 anni risultano occupati in 693. Gli altri sono in cerca. Anche questo è romantico: la facciata della chiesa di San Marco domina la piazza e si fa baricentro inevitabile di riferimenti e peregrinazioni. Anche molto limitate anche non esose. Quanto è bello fare un giro del paese senza avere l’obiettivo preciso di andare da questa o da quell’altra parte. Si è sempre in partenza e si è sempre arrivati. Non vi pare? Anche questo è romantico.

Entro al caffè del teatro. Si accede dal corridoio dell’ingresso del Teatro Verdi e ovviamente ben illuminata la scalinata vi sono i tavolini a segnalare che non c’è spettacolo. La porta di cristallo a destra fa intravvedere il banco del bar e cinque tavolini. Molti giornali sapersi, anche i quotidiani: controllo ecco la Voce di Mantova. Il barista cinese mi fa un buon caffè e immagino qui spettatori e viaggianti che in attesa di uno spettacolo o anche di puro passaggio si attardano tra un brindisi e un brandy chiacchierando amabilmente con parenti e sconosciuti. Un colpo di palpebra riaccende la realtà. Un giovane con giaccone e larghi larghissimi jeans impugna una bottiglietta e, cappuccio ben tirato in avanti, sorseggia la birra. Il grande schermo rilancia immagini di partite di calcio. Ma i più hanno gli occhi sugli schermi dei cell. Ormai dilaga un romanticismo telefonico. Meno male che lì fuori c’è la nebbia buscoldese, tra Serraglio e Ronchi, che può rispecchiare anche il sentimento più improvviso.

Fabrizio Binacchi