Corruzione, scambio di accuse tra finanzieri

l luogotenente Benvenuti incolpa il maresciallo Senatore:

tribunale di mantova

MANTOVA È proseguito ieri il processo per corruzione instaurato a carico di sei imputati, su undici totali, tra militari della Guardia di Finanza, titolari di laboratori tessili cinesi e consulenti del lavoro, che dopo il rinvio a giudizio avevano scelto di avvalersi del rito abbreviato. Lo scorso gennaio il pubblico ministero Giulio Tamburini aveva formalizzato nei loro confronti le richieste detentive per un ammontare complessivo di poco inferiore ai 28 anni di reclusione. Per il luogotenente delle Fiamme Gialle Carlo Benvenuti – cui sono contestati 46 capi d’imputazione – erano stati chiesti 8 anni di carcere. Sei anni per il vicebrigadiere Pietro D’Amato e 4 ciascuno per il maresciallo capo Massimo Senatore e l’appuntato Mauro Raso. Per Marco Vaccari, amministratore di Mantova Moda, erano stati chiesti 2 anni e 8 mesi; tre anni infine per il consulente del lavoro Marco Molinari. Nella penultima udienza, a metà febbraio, era toccato invece alle arringhe conclusive di parte delle difese. Di fronte al giudice per l’udienza preliminare Matteo Grimaldi avevano parlato i legali di Senatore, D’Amato, Vaccari e Molinari. Per tutti gli imputati è stata chiesta l’assoluzione. Nella seduta di ieri sono state esposte le ultime tesi difensive. Su tutte, in particolare, sarebbe spiccata quella di Benvenuti il quale, stando a quanto trapelato, avrebbe scaricato su Senatore l’intero impianto accusatorio. Elemento questo che ha spinto il gup a disporre un confronto diretto tra i due fissato per il prossimo 27 marzo. L’indagine era nata nell’ambito dell’operazione Formula che nel 2017 aveva portato in carcere Piervittorio Belfanti. A margine di questo filone investigativo, tra intercettazioni ambientali e telefoniche, era venuta a galla una verità parallela in cui erano implicati i quattro militari, smascherati dai loro stessi colleghi. Secondo quanto appurato avrebbero “dimenticato” di denunciare le irregolarità che trovavano durante le ispezioni nei laboratori tessili cinesi accettando di chiudere un occhio in cambio di regali quali denaro, abiti griffati e cene pagate al ristorante.