Criminalità calabrese attiva nel Mantovano

MANTOVA Nelle province di Mantova e Cremona è stata conclamata anche a livello giudiziario la presenza attiva di propaggini della criminalità organizzata calabrese in particolare della cosca Grande Aracri di Cutro”. A rivelarlo è la relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) relativa al secondo semestre del 2020, pubblicata proprio in questi giorni, che evidenzia come l’ormai storica attività della malavita calabrese continui ad essere un punto fermo della criminalità locale. Un’attività che è emersa anche a fronte di diverse interdittive emesse dalle Prefetture di Mantova e Cremona, nel distretto della procura di Brescia di cui le due province fanno parte, e che “confermano la presenza pervasiva della ‘ndrangheta nel Distretto bresciano”. Del resto, sempre come evidenzia il report, il perdurare dell’emergenza sanitaria ha portato a difficoltà finanziarie della imprese, di cui “potrebbero approfittare le organizzazioni malavitose, per altro sempre più orientate verso una sorta di metamorfosi evolutiva volta a ridurre le strategie cruente per concentrarsi progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale”. Una situazione molto concreta anche nel territorio lombardo, come ha detto il procuratore capo di Milano, Francesco Greco. Il rischio più concreto è che i sodalizi mafiosi utilizzino le risorse liquide illecitamente acquisite per “aiutare” privati o aziende in difficoltà al fine di rilevare o asservire le imprese in crisi finanziaria”. Una strategia che “si rivelerebbe utile anche per il riciclaggio e per l’infiltrazione nei pubblici appalti”. La ristorazione, la ricettività alberghiera, l’edilizia, i servizi funerari e cimiteriali, le attività di pulizia e sanificazione, la produzione dei dispositivi di protezione individuale, nonché il comparto dello smaltimento dei rifiuti specie quelli ospedalieri sono solo alcuni dei settori su cui viene focalizzata la necessaria attenzione da parte delle Istituzioni, come evidenzia la Dia. Basti pensare all’operazione “Similargilla”, conclusa il 30 settembre 2020 con l’esecuzione di una misura cautelare personale nei confronti di 2 imprenditori del settore dei rifiuti uno dei quali lombardo e l’altro piemontese. Contestualmente era stato eseguito il sequestro preventivo di numerosi rapporti finanziari, immobili, compendi aziendali e quote delle società coinvolte nelle indagini, tutte con sedi nelle province di Brescia, Mantova e Cremona, per un valore complessivo stimato in circa 6 milioni di euro. Si trattava di un traffico di ingenti quantitativi di rifiuti che attraverso la compilazione di documentazione falsa venivano illecitamente smaltiti sotto la fittizia veste di prodotti derivanti dal processo di recupero di rifiuti, transitando da un impianto ubicato in provincia di Mantova verso siti ubicati nelle province di Brescia, Verona e Cremona.
Le numerose e mirate investigazioni degli ultimi anni hanno attestato “il radicamento nella regione della malavita calabrese attraverso la costituzione delle tipiche formazioni di ‘ndrangheta a partire da quella di coordinamento della camera di controllo denominata appunto la Lombardia, che è sovraordinata ai locali presenti nella regione e in collegamento con la casa madre reggina”. Analoghe considerazioni vanno estese “anche alle consorterie siciliane e campane che in Lombardia manterrebbero un assetto meno visibile destando quindi un più contenuto allarme sociale funzionale al raggiungimento di una gestione maggiormente qualificata di segmenti economico-finanziari”.

La malavita pugliese, invece, “manifesterebbe la sua presenza in Lombardia solo sporadicamente e in prevalenza per reati connessi con il traffico di sostanze stupefacenti e alle rapine perpetrate con particolari modalità operative anche in “trasferta” dalla Puglia”. Accanto all’insediamento dei gruppi di criminalità organizzata tradizionale emergono quelli stranieri, “che risultano dediti principalmente a traffici di stupefacenti, reati predatori, immigrazione clandestina e tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e della manodopera”.