MANTOVA Era stato messo alla porta dalla moglie a fronte di sue presunte scappatelle. Dopo essersene andato di casa aveva quindi cercato di tornare sotto il tetto coniugale ma al rifiuto irremovibile della donna aveva così preso a tempestarla di messaggi, a pedinarla ovunque, nonché a presentarsi a casa della ex senza essere stato invitato a entrare. Questo, secondo il quadro accusatorio, quanto ascritto a un sessantenne residente nell’Oglio finito a processo per stalking. Stando infatti all’ipotesi inquirente, l’uomo, tra il 2018 e il 2020, avrebbe inviato alla ex centinaia di messaggi, sia di testo che vocali, intrisi di insulti e offese; inoltre avrebbe pure preso a pedinarla, presentandosi altresì a casa sua nonostante se ne fosse allontanato in precedenza. Un metodo per riavvicinare l’ex moglie che non aveva portato grandi risultati. Così come le numerose integrazioni a querela da parte della persona offesa, una 55enne costituitasi parte civile. Versione questa, rispedita però al mittente punto su punto dallo stesso imputato, a giudizio con l’avvocato Andrea Pongiluppi. «Era lei che mi molestava e perseguitava non io», aveva detto l’uomo in apertura d’istruttoria. «Avevo scoperto un suo tradimento e da lì ha voluto farmela pagare». Tesi questa da lui stesso ribadita anche ieri in aula prima della sentenza che lo ha visto alla fine condannato a 6 mesi con pena sospesa per soli fatti contestati tra il maggio 2019 e il 2020.