Delitto Yana, nodo premeditazione: rischio ergastolo per Dumitru

MANTOVA Delitto premeditato o no? Si baserà prettamente sul disconoscimento di tale aggravante da ergastolo, in antitesi quindi con l’ipotesi accusatoria dalla procura, la linea difensiva approntata dai legali di Dumitru Stratan, il 35enne moldavo finito alla sbarra per l’omicidio e l’occultamento di cadavere dell’ex fidanzata Yana Malaiko, scomparsa da Castiglione delle Stiviere la notte del 20 gennaio 2023 e quindi ritrovata senza vita una decina di giorni più tardi in zona Valle, alle porte di Lonato del Garda. Sottesa dunque a ricusare ogni sorta di intenzionalità nonché programmaticità del gesto omidicidiario perpetrato per mano del proprio assistito la strategia impostata dagli avvocati Gregorio Viscomi e Domenico Grande Aracri, ieri all’apertura del processo per l’assassinio della 23enne ucraina, istruito innanzi alla Corte D’Assise di Mantova presieduta da Gilberto Casari. Su tale scorta i due difensori hanno infatti prestato il consenso, in via preliminare, all’integrale produzione in atti dei contenuti audio e video con traduzione in italiano estrapolati dalla telecamera installata nell’appartamento al 4° piano del grattacielo di piazzale della Resistenza, in cui si era consumato il delitto. Dopo due mesi di silenzi dal giorno del fermo Stratan, non presente né in aula né in videocollegamento dal carcere di Monza nel quale si trova ristretto, aveva confessato ammettendo sì di aver ucciso Yana a seguito di un colpo al petto con una mano ma negandone ogni volontarietà. Dichiarazioni le sue ritenute fin da subito del tutto parziali oltreché mendaci sia dal pubblico ministero Lucia Lombardo che dall’avvocato di parte civile Angelo Lino Murtas, in rappresentanza dei familiari della giovane vittima: il padre Oleksandr Malaiko, la madre Tatiana Serberchuk e i nonni paterni Larissa e Giovanni. In particolare tra i primi a salire sul banco dei testimoni, dopo il forfait della sorella dell’imputato, Cristina Stratan – che per prima aveva dato l’allarme e impossibilità a presenziare in aula perché in stato di gravidanza a rischio – il comandante del Norm dei carabinieri di Castiglione, il luogotenente Domenico Miccolis, lo stesso a cui Cristina si era rivolta dopo aver scoperto dal fratello dell’assassinio di Bonni, il soprannome con cui tutti chiamavano in paese Yana. «È successo un casino», con queste parole la donna – proprietaria del bar Event Coffè dove lavorava anche la vittima – aveva infatti allertato il militare con cui aveva conoscenza diretta e al quale, in seconda battuta, aveva confessato l’omicidio. Da lì erano quindi subito scattate le ricerche, grazie anche alle telecamere di lettura targhe ai varchi. Alle 13,22, gli impianti di sorveglianza avevano registrato il passaggio della Fiat 500 di proprietà di Stratan uscire da via del Benaco in direzione Valle, mentre la Mercedes Slk intestata alla mamma di Dima, Ana, era stata ripresa a transitare in uscita alle 8.01 del mattino, per poi rientrare alle 14.02 in direzione Castiglione. Infine Dumitru era stato rintracciato, anche grazie alla collaborazione dei familiari, nell’abitazione al 4° piano del condominio di piazzale della Resistenza intestato a Cristina e in cui da qualche giorno viveva Yana. Alla vista degli uomini dell’Arma però Stratan avrebbe ritrattato la confessione fatta poco prima alla sorella, sostenendo di aver utilizzato il termine “ammazzato” solo in senso figurato. Altro dettaglio rievocato dal teste quello delle scarpe da ginnastica bianche, nere e rosse indossate dall’accusato al momento di andare in caserma e ricoperte di fango. Si torna in aula il prossimo 2 maggio.