Don Lino e gli altri mantovani in tv a parlare di spiritualità e campagna

Facevo Italia Agricoltura in quegli anni, primi Anni Novanta, molto primi e molto pieni di entusiasmo. Andavamo in onda dagli studi della Fiera di Verona approntati per noi di Tgr Rai 3 e si andava in onda al mattino del sabato dalle 7 alle 9, quando in campagna si rientra a fare colazione e che colazione. Conduttori l’amica e collega Donatella Bianchi e chi scrive, vestito a volte con giacche colorate perché si dice in televisione il colore premia. Era una trasmissione ricca. Di angoli e di spunti: economici, popolari, di tradizione di folclore. Con Giovanni Cosenza, il mitico che strimpellava. In quella trasmissione un giorno venne don Lino Boselli, allora parroco di Suzzara a raccontare la sua esperienza di parroco di campagna ma anche a illustrare da par suo e quanto illustrava bene la spiritualità nel mondo dei campi, le tradizioni, le devozioni, e Dio sa quanto sono profonde le devozioni e le tradizioni religiose in campagna! Basti citare un santo per tutti: Sant’Antonio Abate. Si sa: Il 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate,

patrono degli animali: tradizionalmente, gli animali domestici – non solo cani e gatti ma soprattutto quelli della tradizione contadina – vengono portati nelle piazze dei paesi e davanti alle chiese per ricevere la benedizione. E dunque venne don Lino in trasmissione. Di solito per la sociologia dell’alimentazione e il costume modi di vivere nei campi e nelle cascine era spesso presente la professoressa Egeria Di Nallo, docente di sociologia all’Università di Bologna. Quella volta con gli autori e i curatori pensammo bene di dare il taglio religioso. Don Lino Boselli con il suo sorriso coinvolgente raccontò storie e tradizioni religiose della campagna mantovana e colpì molto col suo narrare gli autori ma soprattutto i telespettatori. Che, come i lettori come diceva Rino Bulbarelli, hanno sempre ragione.
Dobbiamo queste innovazioni a Leonardo Valente direttore della Tgr dal 1990 al 1993 ci fu la nuova trasmissione dedicata al mondo delle campane e delle tradizioni agricole regionali. Si affiancava alle altre storiche dedicate ad ambiente, viaggi, beni culturali,  Europa, Balcani, Mediterraneo, scienza e tecnologia.

C’erano programmi e rubriche per tutto e per tutti: per la cultura per la geografia per la storia, per i confini, per le tradizioni, per la scienza e la tecnica. Ma gli mancava qualcosa. Un giorno quasi estivo del 1992 mi chiamò e mi disse: facciamo un programma per le campagne. Dopo 5 minuti chiamò il vicedirettore Mario Colangeli che veniva anche lui dai programmi di Rai2 capostruttura dei programmi di Arbore e non solo, e ridisse: facciamo un programma per le campagne e per l’agricoltura, e per le agricolture regionali, e che sia molto popolare, che sia utile alla gente di campagne e che lo possa vedere il popolo delle campagne, quindi dobbiamo farlo all’orario della colazione. Imbattibile Valente. Fu vincente.

In quegli anni ad Agricoltura Regioni poi diventata Italia Agricoltura vennero molti mantovani o mantovanizzati di varia  estrazione e competenza come Arrigo Caleffi, Fortunato Tirelli, Pier Paolo Vescovi, una rubrica era condotta da Luciana Turina.  E poi nella puntata delle fiere Tiberio Mondini, nella puntata dei prezzi Romano Gandossi e via mantovanando. D’altra parte Mantova e il mantovano erano sono e saranno agricoltura, come fai a dire agricoltura senza un po’ di mantovanitura, dai neologismo invtato ora ma che un po’ ci sta. L’orario della colazione è quella fascia tra le sette e le nove del mattino quando nella case degli agricoltori, dei coltivatori diretti, dei mezzadri c’è il raduno storico e rituale per l’ abbondante colazione del mattino. Fu così che la prima edizione di Tgr Italia Agricoltura venne pensata, prodotta e messa in onda su Rai3 al mattino del sabato dalle 7 alle 9. Alba di fatto. Due ore piene di informazioni, tradizioni, servizi dal territorio, discussioni in studio, ospiti e folklore, e per cominciare la luna e il sole, quando seminare e quando concimare, quando e come raccogliere come conservare e come fare le conserve robe che noi contadini abbiamo nel sangue.

E poi le tradizioni e le colture della settimana. Un po’ almanacco un po’ frate Indovino. L’allora direttore di Rai3 Angelo Guglielmi accettò la sfida anche perché non c’erano trasmissioni sulla rete almeno al sabato a quell’ora. Cominciavamo noi, eravamo i primi. E ricordo che a metà della prima stagione arrivò anche la prima pubblicità tra una parte e l’altra della trasmissione. Con un Telegiornale dell’agricoltura dentro.

E poi dove farla? Anche qui grande innovazione. Non in uno studio ma in una fiera, non in una città sede Rai ma a Verona, grande capitale della meccanica e della tradizione contadina. Il programma si costruì con questa squadra: supervisore Mario Colangeli, autori Giampiero Beltotto in quanto capo redattore del Veneto, e Fabrizio Binacchi, conduttori Fabrizio Binacchi e Donatella Bianchi, curatori Daniela Politi da Venezia e Giuseppe Gonni da Venezia, regista Giuseppe Sibilla, storico professionista della regia della Rai, e poi tanti collegamenti da ogni città e paese e i reportage di Mario Refrigeri da ogni angolo d’Italia. Riprendeva e realizzava la Squadra Esterna della Sede di Bolzano. Dalle 7 alle 9 del sabato mattina Tgr Italia Agricoltura diventava il racconto popolare e regionale delle storie, dei prodotti e delle genti delle campagne italiane, di regione in regione, di valle in valle, di borgo in borgo.

C’era lo studio, con pubblico, e c’era il banco della cucina con chef che cucinavano e altri ospiti che assaggiavano. Allora 1992 1993 non c’erano tante trasmissioni con le cucine in onda, e noi facevamo una scelta particolare: curavamo l’aspetto delle cucine e dei prodotti territoriali, e le ricette del borgo.  Poi c’era il tema della settimana con un ospite che veniva intervistato da Donatella e da me, e poi c’era il collegamento dall’Europa con le puntuali e rigorose informazioni comunitarie del vicedirettore Dario Carella, che sviluppava con perizia le notizie utili e fondamentali per il mondo dei campi delle singole regioni italiane, e poi c’era Tony Cosenza che faceva il cantastorie della tradizioni agro silvo pastorali, e poi c’era l’angolo dei tributi, c’era Egeria Di Nallo per la sociologia alimentare, della nutrizione, e poi tante tante belle immagini in collegamento o in reportage e tanti protagonisti veri del territorio: i contadini, gli allevatori, i boscaioli,  i coltivatori, le massaie, gli orticoltori, le confezionatrici di pasta, i suinicoltori, i viticoltori  e quella vasta  ricca distesa di uomini e donne che vivono e fanno campagna.

Colori e sapori per due ore a cavallo della colazione contadina che veniva visto ovviamente anche in città nei palazzi della periferia di Milano come nei quartieri popolari di altre metropoli perché era uno sguardo diverso ai problemi della campagne: un po’ viaggio in Italia, un po’ a Tavola alle Sette, quello di Ave Ninchi e Luigi Veronelli, un po’ la a corte di campagna in cui tutti o quasi dicono la loro e si fa una sintesi filosofica della sapienza popolare.