MANTOVA E quel balcone di cemento da dove salta fuori? Questo il tenore di numerosi post apparsi sui social network in relazione all’intervento di recupero della Torre della Gabbia reso visibile in questi giorni dopo lo smontaggio dell’impalcatura; una rimozione avvenuta dopo quasi tre anni di lavori sul manufatto duecentesco che, nelle volontà dell’amministrazione sarà destinato a diventare un osservatorio panoramico visitabile sia nel cavedio che nella sommità, a quasi sessanta metri di quota.
Le fotografie pubblicate da vari cittadini, fra cui il consifliere comunale di minoranza Catia Badalucco, evidenziano un parapetto cementizio che prima non c’era. Fatti i debiti raffronti, si tratta infatti di una superfetazione prodotta dagli ultimi lavori in ragione delle normative sulla sicurezza. Ma la domanda che rimbalza più di frequente fra coloro che intervengono nei post è scontata: la Soprintendenza è d’accordo su questo intervento così vistoso, che ha modificato in modo invasivo la fisionomia della torre? Fra gli altri, si è posto la domanda anche il critico e storico dell’arte Riccardo Braglia.
«Naturalmente: tutti i progetti sono stati realizzati sotto la supervisione degli organismi di tutela e approvati dalla Soprintendenza», replica l’assessore alle opere pubbliche Nicola Martinelli. È ovvio che il belvedere aveva bisogno di un parapetto, e questo intervento è stato fatto con il necessario benestare delle Belle arti. Il tutto per corrispondere soprattutto alle ragioni delle vincolanti misure di sicurezza».
L’alternativa, sempre a detta dell’assessore, pare che non ci fosse. «I nostri tecnici e quelli della Soprintendenza hanno anche valutato l’ipotesi di un parapetto in superficie vetrata – prosegue Martinelli –, ma per motivi tecnici l’ipotesi è stata scartata». Vetri che tuttavia sono stati consentiti nelle ampie finestre della lanterna, al piano sottostante, come pure risulta evidente dalle immagini della torre.