I negozi in centro chiudono, processo a Palazzi

MANTOVA Prima l’Ovs, e adesso anche Mango, il colosso spagnolo del fashion. E poi tanti altri ancora, che farne un censimento sarebbe impossibile. Fatto è che quest’ultima chiusura significativa nel centralissimo store che per oltre mezzo secolo aveva ospitato il “Miracolo” di Arturo Benini sta registrando sulla rete un acceso dibattito politico fra coloro che responsabilizzano delle chiusure la condotta restrittiva dell’amministrazione nei confronti del centro storico, e coloro che, sul versante opposto, cercano le ragioni di quanto avviene in altri fattori: dalla crisi all’e-commerce, dagli affitti troppo alti sino alla scarsa capacità di adeguamento degli operatori stessi del commercio ai nuovi standard di un mondo in rapidissima evoluzione.

La notizia dell’ultima saracinesca abbassata, quella di Mango, rilanciata dai social network già domenica, ha inevitabilmente fatto puntare il dito sulla città “chiusa”, “blindata”, con scarsa movimentazione anche a causa di un accanimento sanzionatorio per varchi e soste. Insomma, una politica “sbagliata” che finisce per penalizzare le attività e per spegnere ogni interesse in coloro che vorrebbero vivere la città alla luce del ricordo del bel tempo andato, quello delle “vasche” di trent’anni fa.
«Cosa serve a Mantova lo sa anche il semplice negoziante, senza bisogno di fare studi sociologici. I parcheggi devono essere in centro e comodi per il centro», ammonisce l’ex sindaco di Forza Italia  Nicola Sodano, che avvia un fitto dibattito fra i suoi iscritti alla pagina “Avanti per Mantova”.
“Sprofondo rosso”, titola il consigliere regionale leghista  Alessandra Cappellari il suo commento alle ultime chiusure: «Jennifer, McDonald’s, Ovs, Mango… La sinistra ha voluto e ottenuto una Mantova disorganizzata. “La crisi ha colpito ovunque ma le città più organizzate hanno saputo reagire”, mentre a Mantova regnano solo indifferenza, spot e roboanti dichiarazioni prive di fatti concreti. Altri 5 anni di amministrazione di sinistra, con “un modello di città che non funziona”, significa consegnare Mantova all’oblio. I mantovani a maggio avranno la possibilità di scegliere tra chi ha dimostrato di non saper portare lavoro in città e chi, invece, sapendo lavorare e conoscendo gli ambiti lavorativi, metterà in campo ogni azione possibile per far partire il volano e dare ossigeno alle nostre attività». E il candidato del centrodestra  Stefano Rossi, ritratto su Facebook con  Matteo Cicala (titolare del negozio appena chiuso) asserisce: «Le mie e le nostre convinzioni stasera si sono rafforzate. Sappiamo esattamente ciò che serve per invertire questo trend negativo, per ridare vita alla nostra città che sta inesorabilmente morendo».
Ben diversa la lettura del consigliere comunale di Comunità e territori  Alberto Grandi: «Quando chiude un negozio in centro, sta succedendo quello che succede dagli anni ’50. Va bene non avere i riflessi pronti, ma stupirsi o arrabbiarsi oggi per un fenomeno che è iniziato decenni fa, è abbastanza curioso. Più che altro, fatica sprecata».
E la collega  Rachele Bertelli (Pd) muove dalle stesse ragioni per deviare queste chiusure dall’azione del sindaco  Mattia Palazzi, preso di mira un po’ da tutti, e rilanciare: «Cari consiglieri e politici del centrodestra, fate pace con voi stessi. Dite che il problema che affligge il commercio è l’assenza di parcheggi. Passiamo anche sopra al fatto che quando avete governato non ne avete realizzato nemmeno mezzo, ma come spiegate il vostro voto contrario in consiglio comunale al parcheggio in fase di realizzazione con Apcoa a 30 metri del Bibiena?». Replica in diretta di  Andrea Gorgati, consigliere di Forza Italia: «Ognuno ha le sue idee per carità ma il primo parcheggio sotterraneo della città è stato realizzato nel 2013 dall’amministrazione Sodano: il “Mondadori”. Che poi ci sia stata una pessima gestione (privata) è un altro discorso. Ma quel parcheggio è stato realizzato dall’amministrazione di centrodestra».