MANTOVA Taglio del nastro al casello del corridoio autostradale Tirreno-Brennero – più comunemente Ti-Bre – in provincia di Parma. L’appuntamento delle autorità era al casello di Sissa Trecasali presso il comune di Fontevivo, e lo si può dire il primo passo del corridoio plurimodale che congiunge l’A15 o autocamionale della Cisa con l’A22 o Autobrennero. Ma l’entusiasmo ha il fiato corto quanto quella prima striscia di asfalto che si prolunga solo per 9,5 chilometri, a fronte degli 84,350 del tracciato complessivo. E sono gli stessi protagonisti delle istituzioni parmensi a storcere il naso per quella infrastruttura che, a detta loro, «non arriva da nessuna parte e finisce in mezzo ai campi» (così il presidente dell’Unione industriali parmensi Gabriele Buia.
Al momento, sulla carta, la concessionaria Salt titolare del progetto ha investito 430 milioni di risorse proprie, per i lavori partiti nel marzo del 2017, ma di fatto questo primo e unico lotto vive nell’incertezza di una delibera del Cipe datata al gennaio 2010, ove il Ti-Bre è definito “opera strategica”, ma nei piani del governo rimasto di fatto senza finanziamenti.
Una beffa anche per Mantova, visto che su questa infrastruttura si sono giocate tantissime partite politiche e strategiche funzionali al territorio, sin da quando si iniziò a parlare del collegamento rapido fra il versante tirrenico del paese e la via del Brennero. Il tutto in un arco temporale di ben 51 anni, dato che tutto rimonta a una deliberazione dell’Autocisa datata al 1° luglio 1974 con un percorso già definito e, sembrava, non soggetto a varianti: Fontevivo-Nogarole Rocca.
Le delibere delle società autostradali sembrava avessero pure trovato la quadra sulla non secondaria ragione dei finanziamenti: 1.500 miliardi di ex lire sarebbero state a carico della A15, mentre circa 800 in capo alla A22. A distanza di tanti anni né l’una né l’altra hanno più contemplato nei proprî bilanci questa previsione di spesa. E in parte si può anche comprendere la ragione della retromarcia.
Correva l’anno 1992 quando l’allora presidente della Camera di Commercio di Mantova Antonino Zaniboni, che l’anno dopo sarebbe stato designato dal presidente leghista della Provincia Davide Boni per la vice-presidenza dell’A22, mentre nel contempo sedeva anche nel Cda dell’Autocisa, annunciò la novità di fine-millennio: il Ti-Bre non arriverà a Nogarole Rocca, ma al casello autostradale di Mantova Sud. Questa variante progettuale avrebbe impegnato l’A22 a realizzare il tratto mancante a Est della tangenziale di Mantova come opera compensativa.
La storia, sappiamo, voltò le spalle a quel disegno. La nomina di Bruno Tabacci al vertice dell’Autocisa nel 1998 riportò il tutto allo stato pristino: Fontevivo-Nogarole. E su quel ripensamento si schierò anche il secondo governo Berlusconi che inserì il Ti-Bre nelle opere strategiche da compiersi con priorità assoluta. La deliberazione del Cipe confermò quel punto programmatico, tanto che dopo trent’anni di chiacchiere e di attese la bretella autostradale sembrava ormai cosa fatta.
Invano. Altri vent’anni dovevano trascorrere per vedere realizzato solo un casello e nemmeno 10 km d’asfalto, col timore dello stesso presidente della Provincia Alessandro Fadda e del sindaco parmense Michele Guerra dell’ennesima tragica incompiuta.