Pomodoro da industria: Casalasco chiude a 150 euro a tonnellata con Ainpo e Asipo. Ma l’accordo generale resta un miraggio

MANTOVA Un piccolo passo avanti o due passi indietro? È questo il quesito che sorge
spontaneo dopo gli ultimi aggiornamenti relativi alla trattativa per il prezzo 2023
del pomodoro da industria.
Un passo avanti perché la società Casalasco, che ha sede a Rivarolo del Re e
associa 560 aziende, per un totale di quasi 600.000 tonnellate di pomodoro
lavorate ogni anno, ha chiuso accordi con le due maggiori Op del nord, Ainpo e
Asipo, per un prezzo di 150 euro a tonnellata.
Due passi indietro perché, a fronte di questo accordo, e guardando anche alla
trattativa chiusa in Spagna (sempre a 150 €/t, senza addirittura penali in caso
di difformità nel frutto), l’areale produttivo del nord Italia resta ancora ostaggio
della parte industriale, che continua a spingere per chiudere le trattative a 126
€/t, anziché allinearsi a quanto sta succedendo in altre zone produttive italiane
ed europee.
«Situazione di stallo inconcepibile – spiega Corrado Ferrari, produttore di
Confagricoltura Mantova a capo della sezione pomodoro da industria di
Confagricoltura Lombardia – tutti speravano che l’accordo chiuso da Casalasco
potesse dare uno sprint per arrivare all’intesa, ma così non è stato. I produttori
sono alle prese con aumenti dei costi produttivi, e hanno bisogno di certezze in
tempi rapidissimi».
Solo le piantine infatti costano il 10% in più rispetto allo scorso anno, per non
parlare poi di fitofarmaci (+20/30%), tubi in polietilene e pvc per irrigazione
(+10/15%) e costo dell’acqua, stimato a +10/20% per quest’anno.
«L’atteggiamento dell’industria di trasformazione è davvero inspiegabile –
prosegue Ferrari – soprattutto alla luce del fatto che le vendite di polpa, passata
e concentrati vanno a gonfie vele. I rischi per i produttori sono alti, dal momento
che hanno avviato i trapianti senza sapere ancora chi, e soprattutto a che prezzo,
ritirerà il loro prodotto. Dobbiamo chiudere la trattativa al più presto, anche
perché la possibile mancanza di prodotto potrebbe mettere a rischio la filiera
italiana del pomodoro. Molte industrie potrebbero non avere materia prima per
il loro business…».