Riccardo Braglia, ultimo signore del Rinascimento

MANTOVA Riccardo Maria Braglia non è più fisicamente con noi, con la sua amata Mantova, ma nemmeno con l’ampia cerchia culturale nazionale e internazionale che lo ha circondato per oltre trent’anni, da quando cioè, sùbito dopo la laurea, si era introdotto nel gotha della storia dell’arte e delle élite intellettuali. Dopo quasi quattro mesi di sofferenze, da quando cioè la notte del 30 giugno la sua casa di via Arrivabene è stata devastata da un terribile incendio ustionandolo gravemente, ieri notte si è arreso all’ospedale di Mantova per le numerose complicazioni sopravvenute sul suo fisico già fortemente debilitato. Aveva compiuto 65 anni lo scorso 8 febbraio.
La notizia ha scosso molti concittadini che negli anni avevano imparato a stemperare i giudizî sulle sue bizzarrie e stravaganze alla luce di una formidabile cultura che in pochi istanti, per chiunque avesse avuto a confrontarsi con lui, diventava abbacinante. Persino la sua voce cantevole nelle esposizioni aveva un ché di orfico, di incantatore. Alla delicatezza delle parole veniva pure a sommarsi una gentilezza d’altri tempi che lo rendeva unico, apprezzato da personalità eminenti nel panorama intellettuale e artistico.
Dopo gli studî liceali classici e universitarî conobbe ben presto le strade che portano al mondo accademico, dove insegnò estetica in un ateneo svizzero. Le sue qualità lo misero in luce anche in patria, tanto da vedergli affidata la conduzione di trasmissioni televisive di divulgazione artistica su Canale 5, favorite dalla reciproca amicizia e stima di Marcello Dell’Utri e Vittorio Sgarbi, oltre che dagli strettissimi sodalizî con il regista Franco Zeffirelli, con Giorgio Albertazzi, con Roberto Gervaso e Virna Lisi, per non dirne che alcuni.
Alla sua poliedrica personalità e alla sua estesa sfera di interessi sapeva combinare anche talenti unici e talvolta prodigiosi che gli consentivano in breve di impadronirsi di svariate lingue straniere. Dote, questa, combinata con le sue numerosissime entrature, che ben sfruttò per calarsi nei panni di guida al patrimonio artistico locale e nazionale. Persino la casa reale inglese lo voleva sempre accanto in ogni soggiorno italiano; fra tutte, la principessa Margaret dimostrò di farne quasi più un familiare che un mediatore del bello e della storia.
Né questo talento lo dispensava dall’essere punto di riferimento ogni qualvolta una personalità di riguardo si avvicinava ai grandi eventi artistici organizzati in tutto il paese. Forse proprio questa fama e questi contatti, combinati con la sua discendenza nobile per ramo materno, avevano alimentato in lui una curiosa predilezione per l’antica aristocrazia, che sempre coltivò con fiero orgoglio, tanto da essere ammesso alle Guardie d’onore del Pantheon. Ma per chi lo ha conosciuto, è noto come questa inclinazione sfuggisse agli standard dello snobismo; questo era il modo più duttile per calarsi nei panni di ciò che Braglia si era sempre sentito in cuor suo: un uomo d’altri tempi, un signore del Rinascimento. Lo comprendeva a colpo d’occhio chiunque salisse le scale di casa sua, ove un grande dipinto vi campeggiava ritraendolo in abiti della Rinascenza.
Così era lui, così la sua casa curata nei minimi dettagli, così la sua biblioteca e i raffinati arredi, così pure i suoi abiti stravaganti per il mondo d’oggi; non per lui, che non avrebbe dato un centimetro del polittico di Gand per tutti i metri sovrastimati del modernismo.
La sua generosità lo aveva reso disponibile anche a recepire cariche onorarie o istituzionali, a partire dalla qualifica di ispettore della Sovrintendenza, sino alla direzione artistica della Fondazione Artioli, ove affiancò il presidente Gianni Rottichieri per memorabili rappresentazioni e iniziative legate al melodramma (specie quello barocco) e al teatro antico che coltivava non meno della storia locale. Ne rimangono a documento le numerose pubblicazioni nate in questi trent’anni, testimonianze sempre eleganti di quel suo “Rinascimento privato”, ma oggi ormai eredità di tutti.