MANTOVA Come si sarebbe pronunciato dettando a un dimafonista (orbene, spiegheremo fra poco di chi si parla quando si dice “dimafonista”) Mantova o meglio Gonzaga. Lineetta. Nel senso di trattino che fa molto data e luogo all’inizio di un articolo. Ma non ci doveva parlare di una biblioteca e di un convento? Un attimo, dai! Il dimafonista era nei giornali fino ai primi anni Novanta quella figura tecnica ma anche editoriale che registrava la dettatura dei pezzi di giornalisti ed inviati. Al giornale quotidiano “Il Giorno” su cui scrivevo nella prima metà degli anni Ottanta, dettavo attorno alle 14:30 e sentivo che erano abbastanza disponibili alla chiacchiera. Sulle 19 diventava tutto più affollato. I dimafonisti alla fine erano delle voci solidali per noi giornalisti in giro per l’Italia o per il mondo, e la loro parola tipo “a posto, registrazione perfetta” ti risollevavano la giornata. Ovviamente a volte succedeva che dettavi Roverbella (nota località in provincia di Mantova) e il giorno dopo usciva sul giornale Rovellasca. Altrettanto nota località lombarda ma in provincia di Como. Più o meno la stessa cosa che accade con la cosiddetta intelligenza artificiale della dettatura con i moderni sistemi di telescrittura. I dimafonisti avevano anche i loro aneddoti. Pensate a questi colleghi che sentivano decine di racconti di inviati famosi e oscuri corrispondenti da ogni parte del mondo. Una volta accadde questo, pare. Chiamò dal telefono con linea un po’ disturbata Nantas Salvalaggio, giornalista e scrittore, firma nota di costume e società degli anni Ottanta, anche in giro per il mondo, e impostando la voce si apprestava a dettare. “Da dove oggi dottor Salvalaggio” chiese il dimafonista. E lui: Moniga. E il dimafonista: “ah Sud America”. E lui: “No, Garda Sud”. Leggenda o realtà, fantastici ricordi. Come quelli che evoca questo pezzo di Bassa Mantovana, qui a Gonzaga – e qui veniamo al dunque- tra il centro storico oltre la bonifica e Reggiolo, a cavallo tra due province e due regioni, che vede protagonista l’ex Convento di Santa Maria. Un pezzo di storia e un fiume di cultura. Ci passo in un pomeriggio di pioggia per la presentazione di un libro e trovo molta gente, signore e signori interessati all’evento nonostante il maltempo. Bene. Ma anche l’accoglienza del luogo fa la differenza. Una Biblioteca moderna in un edificio antico ha il suo perché. Pomeriggio di pioggia -si diceva- eppure nella sala delle conferenze della Biblioteca intitolata a Franco Messora si riuniscono signore e signori per ascoltare la presentazione di un libro sulla pianura e sulle tradizioni. È il bello delle biblioteche di piccoli centri e di paese che raccolgono appassionate e interessati soprattutto ad argomenti collegati con le proprie radici e con i personaggi del proprio territorio. La biblioteca di Gonzaga mostra una raccolta di volumi e di documenti, organizza eventi, promuove corsi con un attivismo invidiabile per molte realtà bibliotecarie del nostro paese ed è nota, come ben viene scritto anche in vari commenti su Tripadvisor, per una passione e una dedizione speciali nella gestione della stessa biblioteca.
Una biblioteca non è certo un ristorante, un bar o un albergo ( lo può diventare) ma ovviamente con i sistemi moderni di valutazione online entra a far parte della schiera di luoghi giudicati da TripAdvisor e proprio su TripAdvisor noi verifichiamo che molti utenti che sono passati dalla biblioteca “Messora” di Gonzaga hanno lasciato dei commenti positivi e alcuni più che entusiastici. Trovo recensioni d’entusiasmo per luogo e servizio fornito. Eccone una: “La biblioteca si trova al primo piano di una ex convento Santa Maria, bello il chiostro e le stanze, dispone di una zona bimbi e sono organizzate varie attività da momento di lettura animata per bambini a corsi
ospita all’interno l’Informagiovani e (mi pare) ogni 2 settimane incontri di approfondimento di inglese”. E un’altra: “Posizionata in un magnifico ex convento ottimamente restaurato puoi trovare una fornitissima biblioteca dedicata ad un illustre avvocato e amatissimo professore di diritto che ha saputo trasmettere ai suoi allievi la voglia della lettura. Lasciati cullare dal fascino del luogo assapora il profumo delle pagine stampate e ricomincia a sognare le cose belle che un libro sa regalare”. Questo dimostra che anche un luogo istituzionale e di valenza civica come una biblioteca può diventare punto di incontro e di cultura e quindi un posto del cuore, insieme con i ricordi e i servizi che quel posto può offrire. Nello specifico essendo la biblioteca “Messora” di Gonzaga ospitata nell’ex convento Santa Maria per chi scrive questo posto diventa un indirizzo della memoria soprattutto a riguardo degli anni 80 quando questo edificio ospitava gli uffici della Fiera Millenaria. Che via-e-vai che c’era davanti al Convento e nel chiostro! Nel chiostro si incontravano gli amministratori e gli ammiratori della fiera, gli oratori del convegno e i relatori della conferenza, gli espositori in fila per cambiare posto e i lettori dei giornali agricoli che qui venivano raccolti, e incontravi i turisti della Fiera, sparsi tra i componenti del comitato della Millenaria che gestivano dalla bicicletta e senza cellulare, anche le sorprese e gli imprevisti che una grande fiera dell’agricoltura e della meccanizzazione agricola poteva porre durante gli 8 giorni di affollamento delle piazzole e dei capannoni. Vamolà.
Esattamente quarant’anni dopo ricapito negli stessi ambienti e mi sembra di rivedere personaggi che nel sole settembrino degli anni 80 prima metà giravano in biciclette a piedi per aiutare vigilare sorvegliare come l’allora sindaco Baricca, come l’allora presidente Cavazzoli come i consiglieri storici Boschesi e Cavana.
Qui devono essersi rincorsi moltissimi eventi da quando, come narra la storia, il marchese Federico II ebbe l’incidente (1488, mica ieri) nei pressi della cappella intitolata a Maria, venne soccorso e salvato e qui dunque fece erigere una chiesa a ricordo ma qui ricordo anche gli anni seguenti della ricostruzione quando si riunivano gli espositori con gli acrobati e c’erano, si narra, ii raduni dei cantastorie di cui abbiamo testimonianza in un bellissimo libro di e su Dario Mantovani detto “Taiadela” raccolto dal compianto Vittorio Montanari per i tipi di Nardino Bottazzi. A Gonzaga, come a Grazie e a Mantova, si esibiva il veneto “Taiadela” quel cantastorie che per molto tempo allietava le piazze oltre che del modenese e della provincia di Rovigo. Di qui era originario. Una storia tipicamente della Bassa, una storia di pianure. Che sarebbe tutta da dettare ai nuovi dimafonisti.