Sotto la polvere tesori senza tempo. Ecco come rivivono al Ducale gli arazzi di Raffaello

MANTOVA – La chiusura dei musei decretata dall’ultimo Dpcm non ferma i lavori di manutenzione straordinaria degli arazzi di Raffaello a Palazzo Ducale.
“Siamo sempre qui”, conferma Tiziana Benzi dello Studio restauro conservazione tessili antichi di Piacenza, “noi continuiamo a lavorare mantenendo le distanze di sicurezza. In questo momento stiamo operando su “La morte di Anania”, un arazzo di 7.45 metri per una caduta di 4.95 con tre operatori impegnati sul lato e un altro su quello opposto”.
Secondo gli Atti degli Apostoli, Anania aveva venduto un suo podere cedendo il ricavato agli apostoli ma trattenendone una parte per sé e sua moglie e, per questo, subisce la punizione di Dio tramite San Pietro che ne provoca la morte immediata.
Dottoressa Benzi, qual è il lavoro che state svolgendo?
“Non si tratta di un restauro ma di una manutenzione straordinaria, il preludio al restauro. A Palazzo Ducale hanno voluto realizzare questo tipo di intervento che ha la finalità di pulire le opere dallo sporco superficiale che sono le polveri. Attraverso l’indagine di queste polveri, di cui verrà fatta una diagnostica, sapremo che tipo di inquinamento è presente sulle fibre. Dopodiché andremo ad attuare su tutta la superficie, prima sul retro e poi sul fronte, le prove della pulitura ad aria per l’eliminazione dello sporco particellare. Una volta arrivato il risultato della diagnostica procederemo con la vera e propria aspiratura ad aria che ha degli step ben predefiniti, lavorando attraverso dei parametri che ci dicono quante volte poter aspirare sulla parte posteriore e anteriore. L’obiettivo è quello di togliere l’opacità presente sulle fibre”.
Come inizia questo tipo di attività?
“Prima di tutto occorre distaccare le opere dal muro. Gli arazzi sono contornati da una cornice lignea che è inchiodata sul telaio con un trapasso di chiodi che forano quello che è il perimetro dell’opera dove ci sono le cimose perimetrali, la cornice, poi c’è la bordura e la raffigurazione. Questo tipo di allestimento ha nascosto per molto tempo, dal Novecento a oggi, quelli che sono i monogrammi dei tessitori e la marca di provenienza”.
Tecnicamente, come si opera su un arazzo?
“Fascia per fascia, ognuna di cinquanta centimetri per un metro. Si lavora all’aspiratura con un aspiratore calibrato con un augello ampio otto centimetri che si passa in quella porzione due o tre volte, attraverso un tessuto bianco che fa da filtro, verificando quanta polvere è presente su quel filtro fino a quando con il microscopio vediamo l’apparizione della fibrilla che fa parte del tessuto. Allora ci fermiamo perché significa che ci sono fibre decoese e l’aspirazione potrebbe essere troppo forte. La manutenzione straordinaria è un’operazione, dal punto di vista psicologico e tecnico, per il restauratore non così semplice come potrebbe sembrare perchè irreversibile. Se è troppo forte potremmo andare a inficiare sull’armatura tessile, se troppo debole rischiamo di non ottenere il risultato che auspichiamo”.
Quante persone lavorano alla manutenzione straordinaria degli arazzi?
“Quattro, inclusa me”.
Erano previsti anche dei laboratori. Come avete ovviato alla chiusura del Museo?
“Le mie idee sono molteplici. Per il momento stiamo inviando al Palazzo Ducale dei video degli interventi che vengono poi postati sui social. Su Facebook portiamo avanti campagne con un’indagine fotografica e scientifica, una visione che va a sostituire quella parte didattica che avevamo previsto. Si tratta di immagini per gli addetti ai lavori ma anche per spiegare alle persone quella che è la tessitura di un arazzo con un linguaggio divulgativo”.
Cosa si scopre dagli interventi su questi arazzi?
“Nell’ambito del tessile si va a identificare scientificamente il pigmento con il quale sono state tinte le fibre che costituiscono il disegno. Dalla mia esperienza personale queste sono quasi sempre le solite, quelle che si ricavano dalla natura. In questo caso ciò che mi ha incuriosita di più è la buona conservazione dei filati, sia in lana che in seta. Dal punto di vista scientifico la mia idea è di andare a capire quale carica ancora viva aveva la seta e quale tipo di molecola è ancora presente sulla lana. A vederli nella loro totalità, da lontano, sembrano perfetti, a parte piccoli interventi fatti prima nel Settecento e poi nel Novecento. A giugno spero di avere una risposta a questa domanda: perchè sono così perfetti nonostante la vita che hanno avuto?”
Tiziana Pikler