Terzo occhio, quinta parete: il cinema si svela nelle lezioni di Claudio Fraccari

MANTOVA –  «Anche i giornalisti devono andare a dormire», commenta preoccupata la moglie di Kane in una scena di Quarto Potere. Una frase familiare per molti cronisti, tratta da una pellicola “cult” che i partecipanti del corso “Terzo occhio, quinta parete: tre lezioni di sintassi del cinema e teoria dello sguardo”, a cura di Claudio Fraccari, hanno potuto analizzare nello spazio accogliente della sala “Peppino Impastato” della biblioteca Baratta. «Il cinema svela i segreti», ha spiegato ieri Fraccari durante l’ultima lezione al numeroso pubblico. Sullo schermo, un caleidoscopio di maestri della pellicola: Orson Welles, il realismo artefatto dei film francesi, le oniriche previsioni futuristiche di Kubrick, la pragmatica morbidezza dei registi giapponesi. «Se Welles comprime il tempo, Kubrick lo dilata: la sequenza di “2001: Odissea nello spazio” offre sei minuti di un futuro remoto, accompagnato dalla musica di Strauss. È l’esempio perfetto della differenza tra racconto letterario e racconto filmico. La biblioteca Baratta mi ha chiesto un corso base sul linguaggio cinematografico – precisa Fraccari -. Ho diviso il percorso in tre parti: lo spazio, il tempo e la forma dell’immagine e del suono. È una proposta basilare, ma non semplice, pensata per educare al linguaggio del cinema. Perché sì, è un’arte accessibile, ma non sempre comprensibile. Andiamo alle mostre con una guida, ma al cinema siamo soli. Eppure, sapere qualcosa in più non è da critici, è da spettatori consapevoli: significa capire perché un film ci piace, e non limitarsi a dire “perché sì”. Il gusto cresce con la conoscenza». Infine, la riflessione: «Si gode di più dell’arte quando la si comprende. È bello vedere un film e scoprirne i significati, perché allora ti resta qualcosa, e ti viene voglia di tornare, di informarti, di conoscere registi, attori, storie. Il linguaggio è la chiave: la stessa sceneggiatura, girata da cinque registi diversi, darà cinque film diversi. Il linguaggio è il segno, il significato, e non saperlo leggere è perdere metà della bellezza». Le tre serate (4, 11 e 18 febbraio) hanno aperto uno squarcio sulla magia della pellicola: non basta guardare, serve saper vedere.