Trump sulla pace “gioca” il gap con la Cina

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MANTOVA I giorni passano, il tempo è galantuomo e ad ogni giorno ne fa seguire un altro, per cui le due settimana dichiarate da Donald Trump per chiudere con l’invasione russa dell’Ucraina raggiungendo la pace, stanno superando le quattro settimane e ancora non si vede la luce in fondo al tunnel. A tener banco non sono le dichiarazioni di speranza pronunciate dagli inviati per la mediazione, ma le provocazioni spavalde di Putin. L’ultima in ordine di tempo quella di venerdì della scorsa settimana: “L’Onu cacci via Zelensky”. Proposta di un regime transitorio in Ucraina per indire nuove elezioni, che le Nazioni Unite hanno respinto unitamente agli Stati Uniti e all’Unione europea, dichiarando: “Il governo di Kiev è legittimo”. Per lo Zar “tale nuova situazione” favorirebbe il negoziato. Non pago Putin ha invitato a Mosca il leader della diplomazia cinese. Ma Pechino: “la nostra posizione non cambia”. Putin è diventato maestro nel guadagnare tempo eccependo sulle soluzioni proposte e intanto intensifica le azioni di guerra, anzi con inaudita veemenza, ad affermarlo è il comandante delle forze armate ucraine, Oleksandr Syrskyi. E precisa che nel Kursk i soldati ucraini devono “continuare a portare avanti un’operazione difensiva” per impedire alle forze di Mosca di avanzare in territorio ucraino, nel tentativo di consolidare la posizione di Sumy, la provincia dell’estremo nord dove i battaglioni di Mosca attaccano senza tregua. Se l’armata russa riuscisse a sfondare a Sumy, distante circa 300 chilometri della capitale ucraina, le forze di Kiev si troverebbero costrette a inviare rinforzi scoprendo il fianco orientale con il concreto rischio di consentire a Mosca di mettere le mani su città come Nikopol e Kherson nel sud. Proprio qui un paio di giorni fa è stata attaccata dall’artiglieria e dai droni russi la stazione ferroviaria da dove i civili hanno ripreso i treni per allontanarsi dalla linea del fronte. “La tensione sta aumentando in modo significativo in molte aree del fronte – spiega una fonte militare ucraina – Nei primi 26 giorni di questo mese, si sono verificati il 17% in più di attacchi rispetto ai 28 giorni di febbraio. Trump mentre impegna l’UE ad armarsi per un esercito unico nel tentativo di difendersi, e i “volenterosi” si incontrano, discutano e si reincontrano per decidere di mandare soldati in Ucraina, per questo c’è il No secco della nostra Presidente del Consiglio, il Presidente americano “gioca” con la pace nel tentativo di vincere il gap sulle materie prime con la Cina. Viene voglia di non chiamare i suoi accordi di pace. Quelli che l’Amministrazione Trump persegue in diversi Paesi devastati da conflitti dovrebbero piuttosto essere definiti affari economici. Dall’Ucraina all’Afghanistan, alla Repubblica democratica del Congo, la mano americana è tesa, ma sembra all’incasso. La pace! Va dalle terre rare alle centrali nucleari dell’Ucraina ai minerali del Congo, la corsa ad accaparrarsi risorse energetiche e materie prime per le tecnologie di difesa e spaziali, nonché la necessità di successi a uso del consenso interno. Prima l’America. Trump più di ogni altra cosa ha in mente la necessità di recuperare terreno rispetto alla Cina, che in fatto di materie prime indispensabili per lo sviluppo futuro sta relegando gli Stati Uniti al secondo posto nella graduatoria dall’importanza mondiale. Infatti, la Cina controlla il 70% delle estrazioni globali e l’85% della trasformazione di terre rare e minerali critici. Fra l’altro, Il Wall Street Journal ricorda che i due terzi delle terre rare estratte negli Usa vengono spedite in Cina per la lavorazione. Quanto ai minerali critici, nel 2018 la Cina raffinava il 65% del cobalto mondiale, nel 2024 è salita all’85%. Per Trump la pace non è solo accaparrarsi nuovi siti di estrazione, ma impiantare lavorazioni in loco. Appunto, nel nome della pace, quale migliore garanzia di sicurezza, ha detto Trump a Zelensky, di aziende americane costruite sul suolo ucraino?

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