“Ai figli regalate uno strumento invece degli smartphone”, intervista Carlo Marrale

MANTOVA – Carlo Marrale  ha legato il suo nome ai Matia Bazar – il gruppo di cui è stato co-fondatore e di cui ha fatto parte dal 1975 al 1993 ricoprendo il ruolo di chitarrista e compositore oltre che, in diversi brani di successo, quello di seconda voce. Ma anche come solista sta confermando di essere un cantante particolarmente apprezzato. Lo conferma la standing ovation che il pubblico mantovano gli ha tributato durante la sua performance alla “Notte delle Stelle”, il concertone di fine estate svoltosi a Borgo Virgilio.
Carlo, te lo aspettavi tutto questo affetto?
«Salire sul palco è già un’emozione, ma quando percepisci l’affetto della gente è straordinario. È la forza della musica, e ai genitori dico: ai vostri bambini, invece di smartphone o tablet, regalate uno strumento musicale perché ne farete delle persone più sensibili».
Tra i momenti più emozionanti della serata c’è stata l’esibizione di “Vacanze romane”, il capolavoro con cui i Matia Bazar vinsero il premio della critica a Sanremo nel 1983.
«In realtà è arrivato il momento, dopo tanti anni, di dirlo: quel pezzo avrebbe vinto. L’ho saputo decenni più tardi da un discografico importante. Insomma (sorride, ndr), siamo stati vittima del solito maneggio all’italiana».
Hai militato per quasi vent’anni nei Matia Bazar, ma dovendo scegliere a quale periodo sei maggiormente legato: gli anni ’70, gli ’80 o l’inizio dei ’90?
«Sono epoche diverse alle quali sono affezionato indifferentemente. Il mio sogno da bambino era scrivere canzoni e suonare in una band. Con i Matia Bazar ho potuto realizzarlo e girare il mondo, che per un musicista è il massimo. Quando incidemmo “Stasera che sera” avevo 23 anni: fu un successo clamoroso che spopolò non solo in Europa, ma anche in tutta l’America del sud».
Carlo Marrale si sente più musicista, compositore o cantante?
«Forse più compositore». E di fronte alla pochezza del panorama musicale italiano attuale, di artisti come Marrale ce n’è veramente bisogno.
Matteo Vincenzi