Le Notti Veneziane di Valentina Bertani

MANTOVA Al recente Festival di Venezia è passato in concorso a Notti Veneziane, nell’ambito delle Giornate degli Autori, “La timidezza delle chiome”, esordio alla regia cinematografica dell’artista mantovana Valentina Bertani, classe 1984.
Si tratta di una co-produzione Italia – Israele, prodotto da Diaviva per l’Italia e Movieplus per Israele, realizzata con il sostegno di MiBACT e NFCT e sarà distribuita in Italia da I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol Biografilm Collection.
Al centro dell’umana vicenda che alterna sapientemente sequenze reali ad altre riadattate, sceneggiata dalla stessa regista in collaborazione con Emanuele Milasi, Alessia Rotondo e Irene Pollini Giolai, due gemelli omozigoti con disabilità intellettive, che si confrontano con i limiti imposti dagli altri senza però avere il timore di affrontarli a testa alta e con sguardo, sempre fiero, rivolto verso un futuro, sempre in movimento (a piedi, in auto, in bici) e in costante evoluzione.
Josh desidera fare sesso per la prima volta, mentre Benji aspira solamente ad innamorarsi. Anche se i due entrano spesso in conflitto tra loro, il loro legame è indissolubile.
E come sottintende il bellissimo ed efficace titolo, scelto con orgoglio dalla regista, impareranno presto che crescere significa dare spazio all’altro senza fargli ombra. Infatti come ci ha spiegato la regista, che abbiamo avuto il privilegio di avvicinare al termine della proiezione ufficiale a Venezia in una gremitissima Sala Laguna, “la timidezza delle chiome” allude ad un fenomeno botanico che consiste nello sviluppo di una volta arborea in cui le chiome dei diversi alberi non si toccano, andando a comporre quello che dall’alto è descrivibile come un mosaico e che rappresenta un’efficace metafora visiva per raccontare la vita di Benjamin e Josh che, dopo essere cresciuti in simbiosi, pensano ora ad emanciparsi, prendendo due strade diverse per non farsi ombra a vicenda.
A proposito dei suoi protagonisti, Bertani ci ha raccontato di come è nata la collaborazione: “Era primavera e stavo camminando sui Navigli a Milano, quando la mia attenzione si spostò su due ragazzi che sembravano fossero usciti da un film indipendente americano per quanto fossero al contempo spontanei e seducenti. Ho provato a fermali, ma loro hanno continuato imperterriti a camminare. Osservandoli meglio, mi sono poi accorta (data la mia formazione pregressa in ambito psicopedagogico) che avevano una disabilità intellettiva. Li ho lasciati andare sul momento, salvo poi rendermi conto di essermi lasciata sfuggire una potenziale storia. Da quel momento ho percorso in lungo e largo tutto il quartiere dei Navigli per chiedere a tutti i negozi storici della zona se conoscessero i gemelli. Mi ci volle pochissimo tempo per capire che i due fratelli erano noti a tutti e che i loro genitori erano stati proprietari del locale jazz “Le scimmie”. Ho quindi recuperato il numero della mamma, senza sapere cosa dirle e che lavoro intendessi fare con i suoi figli, accennandole solamente alla mia collaborazione con Ligabue.
Passarono alcuni giorni e inaspettatamente squillò il telefono: era la madre dei due ragazzi che mi disse che era intenzionata a conoscermi. Così, insieme ai miei sceneggiatori e alla mia produttrice esecutiva, nonché direttrice di casting Alessia Tonellotto partii alla volta di Cusago”.
Andando avanti con il racconto, Valentina ci ha rivelato che i gemelli inizialmente non erano disponibili a conoscerla: “non è stato affatto semplice perché inizialmente la mamma era restia a parlarci delle disabilità intellettive dei propri figli e non sapevamo bene come muoverci. I gemelli erano indisposti nei nostri confronti e non volevano scendere le scale per incontrarci. Allora, semplicemente, in modo del tutto spontaneo, ho proposto loro di andare a prendere un gelato e con mia grande gioia hanno accettato. In particolar modo sono rimasta colpita dalla spiccata sensibilità di Benjamin che ha scelto di indossare una fascia floreale di sua mamma. Appena ho avuto modo di stare del tempo con loro, ho immediatamente capito che avevano un potenziale comedy innato. Basti pensare che ci hanno costretto a giocare una partita di calcio senza porte, con delle regole inventate”.
L’opera, che rappresenta a ragione, una viscerale storia d’amore fraterno è stata girata su più fronti: in Italia a Mantova, Milano, Novara, Cremona e in Israele a Tel Aviv. Nella nostra città Valentina ha deciso di girare nella sinagoga di Via Govi (aperta per l’occasione grazie alla gentile concessione della famiglia Norsa) per celebrare la componente religiosa ebraica, assolutamente pregnante all’interno della narrazione, in quanto i gemelli, entrambi ebrei, sono stati istruiti fin da piccoli ai dettami della fede ebraica dal padre Sergio che, in questo modo, ha utilizzato il credo per stabilire delle regole ben definite ai figli, facendoli partecipare, fin da piccoli, alle iniziative promosse da Hashomer Hatzair, un movimento scout giovanile sionista.
Una sequenza assolutamente rilevante è quella girata a Lunetta dove Josh ha interloquito di donne con delle signore intente a fare filòs: “all’inizio erano diffidenti, ma poi hanno accettato di essere riprese e si sono divertite molto!”- ha dichiarato la regista.
Subito dopo avere girato a Mantova (nell’autunno del 2021), Bertani è partita alla volta di Israele con entrambi i gemelli che si erano iscritti ad una associazione denominata Special in Uniform che permette ai ragazzi con disabilità di arruolarsi nell’esercito.
“Si è tratta di una esperienza del tutto nuovo per loro – ci ha rivelato Bertani – si sono trovati catapultati in una esperienza che Josh voleva fare a tutti i costi, mentre Benjamin era perplesso, ma ha comunque deciso di assecondare il desiderio del fratello.
A livello prettamente registico è stato difficilissimo gestire le riprese perché l’esercito è fatto di regole e, ad un certo punto, per esigenze narrative ho dovuto ignorarle.
La comandante mi ha chiesto di non interrompere la linea degli sguardi e io ho deciso di camminare con il direttore della fotografia, arrivando con la macchina da presa vicinissima alla faccia del comandante. Questo episodio ci ha fatto capire che potevamo essere tollerati e per me era fondamentale costruire con i militari un rapporto di fiducia. Ci hanno permesso anche di entrare nel poligono di tiro: la cosa divertente è che io urlavo le indicazioni al direttore della fotografia, ma lui aveva le cuffie e non sentiva!”.
In attesa di vedere presto l’opera anche nelle sale mantovane, siamo sicuri che il film farà breccia nel cuore degli spettatori, per la sua capacità naturale di catturare con verità le emozioni di due ragazzi che desiderano emanciparsi e volare liberi in un cielo stellato, irto di difficoltà, ma anche di buoni propositi.
Nicolò Barretta