Mario Biondi si racconta: “Sono un inguaribile romantico”

MANTOVA  Il “Romantic tour” di Mario Biondi fa tappa a Mantova. Al Teatro Sociale, giovedì 3 novembre. Il concerto, organizzato da Leg Live Emotion Group, prende avvio dall’uscita dell’ultimo album dell’artista siciliano, “Romantic” appunto, dedicato all’amore in tutte le sue forme, dal legame di coppia a quello fraterno, all’amore per i genitori e i figli.

“Romantic”, il romanticismo nelle sue varie declinazioni. Come nasce il progetto?

“È di moda fare outing. Io ho dichiarato di essere un romantico. Negli anni ’80-‘90 l’uomo romantico era quasi una dichiarazione di debolezza. Ho voluto dichiarare la mia debolezza: essere un romantico, credere nell’amore, nella fratellanza, nelle utopie, nei sogni. In questo progetto ci sono diverse sfaccettature del romanticismo che non deve necessariamente essere legato all’amore e alle relazioni sentimentali. È un romanticismo globale. Il disco si apre con una smooth version di “The Creator Has a Masterplan”, il classico del 1969 del sassofonista statunitense Pharoah Sanders, venuto a mancare lo scorso settembre, che dice: c’era un tempo in cui sulla terra regnava la pace, la gioia e la felicità regnavano, ogni uomo conosceva la propria forza e la propria potenzialità. Una visione super utopistica che ho voluto riprendere in questo periodo dove si propende a guardare i difetti degli altri per valorizzare la propria forza. Il mio sogno, invece, è che ognuno di noi possa capire e ricavare la forza che c’è dentro di sé senza screditare o sminuire il prossimo”.

Qual è il potere della musica?

“Il ricordo. La musica è una sorta di fotografia eterea che garantisce una memoria forte di un periodo, uno stato d’animo o una sofferenza. È una forza che può dare all’anima dell’uomo energie positive”.

Mario Biondi come affronta i momenti difficili?

“Gli anni e l’esperienza sono una variabile forte nel modo di reagire alle problematiche. Se prima ero più aggressivo nei confronti di una vicenda sfavorevole, con il tempo ho imparato a non fare il gioco del nemico. Quando ti arrabbi e ti agiti non fai altro che peggiorare la situazione”.

Il palco, invece, come si affronta?

“Io ho un rapporto forse troppo confidenziale con il palco, probabilmente perché ci sono cresciuto. È il mio habitat naturale e non voglio viverlo in maniera diversa. Mi piace portare sul palco quello che sono giù dal palco”.

Quali sono le difficoltà della notorietà?

“Agli inizi, la difficoltà è stata avere a che fare con un mondo di arrivisti e di materialisti, filosofia e mentalità che non mi appartengono. La musica mi ha dato sempre da vivere, è vero, un concetto lontano da quello di business. Pian piano mi sono fatto spazio in questa jungla e ho potuto scegliere le persone da avere intorno a me”.

Qual è il consiglio per chi diventa improvvisamente famoso?

“Se si fa musica per un amore importante, si troveranno tutti i modi per girare a proprio vantaggio i momenti difficili. Se invece l’obiettivo è avere 15 minuti di popolarità, che possono durare qualche anno, quello si ottiene. Siamo noi artefici del nostro futuro. Io non ho deciso di essere un cantante famoso, io faccio il cantante da quando ero bambino grazie al supporto della mia famiglia e di mio padre. Ho sposato la musica che non significa necessariamente diventare famosi. L’ambito della music business è altro”.

E Mantova? 

“Sono emiliano d’adozione da quarant’anni, adesso vivo a Parma. Il legame con Mantova l’ho vissuto nel corso degli anni. L’ho frequentata spesso con mio papà. Era un appassionato di automobili e anni fa comprammo lì un’Alfa Romeo Montreal da un suo amico. Ho ricordi d’infanzia e dei tour estivi al PalaBam. Ho anche avuto con me due mantovani: Moris Pradella che adesso è in tournée con Marco Mengoni e Marina Santelli in tour, invece, con i Ridillo. Sono stracontento di tornare a Mantova e anche parecchio emozionato”.