Abbandonata anni fa dai genitori adottivi, ora tutti i costi ricadono sul Comune

La triste vicenda di Serravalle

Il municipio di Serravalle

SERRAVALLE Abbandonata, di fatto, in età adulta dai genitori adottivi e costretta a un percorso infinito in varie case di cura: in questi giorni festivi è emersa la vicenda di una donna (di cui omettiamo l’identità e riferimenti troppo precisi per tutelarne la privacy) affetta da gravi disturbi di tipo psichiatrico e ricoverata in una struttura di tipo assistenziale del Mantovano. Ricovero che, dal punto di vista dei costi, ricade ora sul servizio sanitario regionale e (in maniera decisamente pesante) sul Comune di Serravalle. Dove, stando alla ricostruzione dei fatti, la donna non ha di fatto mai alloggiato.
Provando a riassumere, per sommi capi, una storia tanto triste quanto complessa, l’arrivo della donna nel territorio mantovano risale a più di dieci anni fa quando – dal Centro Italia – va a risiedere con i genitori adottivi a Serravalle a Po. A dire il vero solo i genitori risiedono a Serravalle dato che la ragazza – che già allora presentava un disagio psichico piuttosto evidente – viene ricoverata in una casa di cura. La situazione diventa drammatica un paio d’anni dopo quando i genitori decidono di fare ritorno al loro paese abbandonando, di fatto, la figlia adottiva che, a quel punto, viene affidata a un amministratore di sostegno e inizia un lungo giro attraverso varie case di cura che termina in una struttura assistenziale, sempre della nostra provincia.
A questo punto, accanto alla vicenda umana della povera donna, si aggiunge quella burocratica: i genitori, nel frattempo, sono entrambi deceduti senza mai reclamare il ricongiungimento con la figlia adottiva e nonostante i tentativi dell’ufficiale dell’anagrafe di Serravalle di trasferire la residenza della giovane nel paese dei genitori adottivi; contemporaneamente la struttura assistenziale si rivolge proprio al Comune di Serravalle chiedendo che esso si assuma una parte dei costi relativi al soggiorno della donna.
Il Comune si dichiara pronto a dare la propria disponibilità ma non alle cifre che erano state ipotizzate, che si aggirano in poco più di 800 euro al mese; e per questo lo stesso ente comunale si rivolge a un avvocato affinchè la ripartizione dei costi tra l’ente, la donna (attraverso l’amministratore di sostegno che ne gestisce la pensione a lei attribuita) e il servizio sanitario regionale mediante l’Ats risulti più equa e meno invasiva per le casse comunali.
Resta una storia tristissima di abbandono, ancora più delicata da raccontare perchè ha come vittima una donna adottata e affetta da un grave disagio; per quanto concerne l’aspetto istituzionale della questione, le parti in gioco stanno cercando di trovare un accordo che possa andare bene a tutti nell’interesse della salute della donna.

Nicola Antonietti