Fusione S.Giorgio Bigarello: “I due sindaci sapevano che i soldi non sarebbero arrivati”

SAN GIORGIO BIGARELLO  «Oltre al danno per aver svenduto la municipalità, ci troviamo di fronte alla beffa per progetti che mai si realizzeranno come la piazza di Gazzo. Ecco, il grande bluff della fusione e dei soldi a pioggia millantato dai nostri amministratori adesso è venuto a galla. Ma purtroppo è tardi». Le parole sono dell’ex consigliere di opposizione dell’allora Comune di Bigarello  Massimo Pirrotta (Lega) , che ieri sera ha chiamato a raccolta una decina di componenti del Comitato No Fusione per commentare l’evoluzione della situazione locale. La conferma della riduzione dei fondi destinati a quei Comuni che avevano scelto la strada della fusione viene vista come l’ennesima “batosta” de parte dei bigarellesi che non si sono mai rassegnata all’accorpamento a San Giorgio. «Purtroppo molta gente si è lasciata convincere dall’enorme bugia secondo la quale senza la fusione Bigarello sarebbe stato spacciato. In realtà i sindaci  Morselli  e  Chilesi  l’hanno fatta solo per garantirsi la poltrona, che in un Comune superiore ai 10mila abitanti significa scatti economici importanti». Più che sassi, il leghista si toglie dei macigni. «Per mesi ci hanno raccontando che sarebbero arrivati fondi, quando sapevano bene che quei soldi non erano certi. Nonostante ciò i sindaci hanno insistito nel volersi infilare in quel vicolo cieco. Bene, anzi no, perché Bigarello non c’è più, e quei pochi soldi che arriveranno serviranno per pagare gli stipendi maggiorati degli amministratori». Nell’ambito della manovra di assestamento del bilancio statale per rientrare nei parametri chiesti dalla Ue, il Governo ha tagliato una cinquantina di milioni di euro dal fondo per i contributi ai Comuni che si sono fusi. Per il nuovo Comune di San Giorgio Bigarello vuol dire che a fronte del milione e 100.000 euro previsti, ne arriveranno invece 477mila e questo comporterà severi tagli agli investimenti). In quanto al criterio di riparto di tali fondi, resta in vigore quello dettato dalla legge Delrio, ossia il “cronologico” (la percentuale è diversa a seconda dell’“anzianità” della fusione che nel caso in esame risale a meno di un anno fa), che al momento non è stato modificato dall’attuale esecutivo». Sulla questione è intervenuto anche l’ex portavoce del Comitato No Fusione, Enrico Michelini: «Cresce ulteriormente il rammarico e la rabbia per aver svenduto storia, identità, cultura e peculiarità. Questo grande bugia messa in piedi dai sindaci uscenti è stata una grande presa in giro per i cittadini, ma il problema è che il danno ormai è fatto e irreversibile. Gli amministratori, travisando una norma che è sempre stata chiara, hanno pensato alla fusione come un mero strumento di lucro sul governo centrale (che come si ricorderà qualche mese prima del referendum era cambiato annunciando sin da subito l’intenzione di ridurre degli stanziamenti per questo genere di operazioni, ndr) per fare cassa e confermare le rispettive posizioni anche all’interno del nuovo ente».

Matteo Vincenzi