Se uno strallo assassino uccide meno della burocrazia

Colpo d'occhio

Mantova Recentemente ho conosciuto un nuovo temine dello sconfinato vocabolario italiano e, come me credo tanti altri: lo strallo.
Questo sinistro sostantivo del quale ammetto non conoscevo l’esistenza in realtà serve ad indicare un cavo ancorato a dei piloni di sostegno di un ponte cosiddetto strallato (appunto) di tipo “sospeso” nel quale l’impalcato è retto da una serie cavi.
E uno strallo pare sia stato inizialmente individuato quale responsabile del crollo dell’ormai tristemente noto ponte “Morandi” di Genova.
Se penso che poche ore prima della tragedia sono rimasto fermo in coda su quel tratto, che oggi non c’è più, per una ventina di minuti mi vengono i brividi.
Ma di certo con tutti potrei prendermela tranne che col maledetto strallo assassino.
Anzi, in quel breve periodo della mia vita in realtà mi sono chiesto più volte come fosse accettabile l’esistenza di una infrastruttura del genere negli anni 2000 a servizio di una delle poche metropoli italiane.
Una metropoli che di logistica dovrebbe sopravvivere e che di logistica invece muore da anni.
Bastava percorrere in modo forzatamente lento quel tratto autostradale per chiedersi come mai non fosse ancora accaduta una tragedia.
Incuria, sporcizia, strutture obsolete, gallerie buie e senza vie di fuga, traffico congestionato a tutte le ore.
In poche parole un campionario delirante del peggio che può offrire un paese occidentale che pensa di essere una potenza mondiale.
Avevo provato la stessa sensazione lo scorso anno percorrendo la pseudo tangenziale di Nairobi.
Ma purtroppo da noi si ripetono le stesse liturgie ad ogni disgrazia: sgomento, incredulità e rabbia.
Lo sgomento e’ comprensibile. L’incredulità è alternativamente da imbecillì o da Marziani.
Ma la rabbia quella va analizzata a seconda della qualità del soggetto sulla quale si orienta.
E anche questa volta si tende ad indirizzarla nei confronti di tutti tranne di chi la merita.
E allora nell’ordine i politici nostrani hanno scelto di riempire pagine di social e giornali dapprima prendendosela con lo strallo.
Una disgrazia epocale, un incidente drammatico, una sfortunata coincidenza. E perché no?: l’Europa. Con le sue regole stringenti che non permettono alle economie malate di debito come la nostra di fare altro debito per pagare i conti sospesi della politica senza strategie di investimenti di lungo periodo. I
soliti cattivoni di Bruxelles responsabili anche del maltempo, del ritorno della scabbia e di tutte le più grandi calamita’ che attanagliano la penisola.
Ma era un copione già visto.
Hanno capito che così non attaccava e allora via alla ricerca di un responsabile che prima o poi la dovrà pagare ed e’ finalmente affiorato dal nulla un soggetto altrettanto sinistro (forse anche più dello strallo), un beneficiato dalla sorte, qualcuno che possa stare sulle palle istintivamente, qualcosa di universalmente repellente: il concessionario autostradale!
Una figura mitologica sganciata dalla realtà che vive di rendita a spese dei contribuenti.
Un soggetto ideale per scatenare gli odiatori seriali della rete e per far brindare coloro che ormai smarriti temevano non si potesse trovare un colpevole sufficientemente credibile.
Tutti tranne il colpevole vero: la burocrazia assassina di uno stato in decomposizione. Guai ammettere che la colpa è del sistema.
Nella terza repubblica Proibito prendersela con lo stato. Negli scorsi decenni in molti hanno avvertito che la situazione era pericolosa. Sono serviti anni di studi, di relazioni, di dibattiti e di contraddittori infiniti e fini a se stessi. Tutti sapevano che prima o poi sarebbe successo qualcosa di grave. Tutti tranne i burocrati. Per quelli valgono altre regole, altri tempi e altre liturgie.
Come ha avuto modo di dire al solito molto bene Carlo Stagnaro su Il Foglio: “Alle radici del disastro di Genova ci sono tutte le sindromi dell’ipertrofia burocratica.”
Chi avrebbe potuto meglio sintetizzare la questione in virtù della quale ben trentaquattro anni dopo il primo progetto di Gronda, e nove dopo il dibattito pubblico voluto dall’allora sindaca Marta Vincenzi, l’autorizzazione a svolgere i lavoro di costruzione, abbia visto la luce solo nel 2017 e i lavori sarebbero forse iniziati entro la fine di quest’anno? Hanno vinto anche stavolta loro: i burocrati.
I maestri delle grandi complicazioni, coloro che da decenni vivono nutrendosi delle stesse difficoltà che creano.
I grandi sacerdoti del mostro burocratico che si mangia tutto, produce debito, inefficienza e allontana sempre più gli investimenti da questo moribondo paese. Ma guai a dirlo!
Lo stato (ammesso che ci sia mai stato realmente) è morto a Genova.
Ha alzato bandiera bianca e qualche sopravvissuto sulla tolda di comando annaspando cerca di trovare responsabilità altrove.
Serve meno stato!
In queste storia una volta tanto non mancavano le risorse.
Gli aguzzini travestiti da concessionari autostradali le avrebbero introitate coi pedaggi.
Ma la burocrazia non lo ha permesso.
Lo stato italiano si fonda sulla burocrazia. Liberiamoci del corpo morto se vogliamo evitare di fare la fine del strallo sulla A10.