Calcio – 50 anni fa Italia-Germania 4-3. Boninsegna: “Mi ha cambiato la carriera”

Il gol di Rivera
Il gol di Rivera

MANTOVA Dici Italia-Germania e pensi a quell’Italia-Germania. Messico ’70. Allo stadio Azteca il 17 giugno andò in scena “La partita del secolo”. Sono passati 50 anni esatti. In Corso Umberto a Mantova all’epoca c’era Galeazzi, negozio di televisioni, e in vetrina andava in loop il 4-3 rifilato ai tedeschi, radunando decine di persone incredule. Ammiravano con virgiliano orgoglio le gesta di un loro concittadino: Roberto Boninsegna, uno dei protagonisti di quella sfida e di tutto il Mondiale messicano.
Bobo, dico Italia-Germania 4-3. Qual è la prima cosa che ti viene in mente?
«Penso al mio gol dopo 8’, ma dico i supplementari. Sono stati epici. Siamo andati sotto con la rete di Muller e poi un botta e risposta incredibile fino al gol vittoria di Rivera su mio assist. Sul lancio lungo di Facchetti ero partito per tirare, poi mi sono allargato e l’ho buttata in mezzo alla cieca, sperando che ci fosse qualcuno. E c’era Rivera».
Quali erano le sensazioni alla vigilia?
«Passai la notte in bianco. Ero in camera con Prati, giocavamo a carte e poi, quasi per sfinimento, ci addormentammo. Fu un’attesa snervante».
Di Italia-Germania ce ne sono state tante: la finale dell’82, la semifinale del 2006. Ma quella di Messico ‘70, nonostante siano passati 50 anni, resta “La partita del secolo”.
«Venivamo da Mondiali amari, arrivando in finale avevamo già fatto il nostro. Ricordo che dopo la partita telefonai a casa, ma i miei erano in giro a festeggiare sul lungolago. La gente era impazzita».
E pensare che quel Mondiale non dovevi neanche giocarlo…
«Con Valcareggi ho sempre avuto grossi problemi. Un anno e mezzo prima avevamo fatto due amichevoli e non mi fece giocare neanche un minuto. Poi s’infortunò Anastasi e arrivò una telefonata dalla Figc. “Vieni a Roma che devi andare in Messico”. Chiamarono anche Prati e a casa mandarono il povero Lodetti».
Possiamo dire che fu il Mondiale della tua consacrazione?
«Effettivamente è così. Feci un gran Mondiale. Nella classifica ruolo per ruolo arrivai secondo alle spalle di Muller tra i migliori attaccanti».
Poi è arrivata la finale contro il Brasile. Tu ancora protagonista e l’esclusione di Rivera. Cosa accadde?
«Riuscimmo a pareggiare con un mio gol, ma quel Brasile era troppo forte. Andammo comunque all’intervallo sull’1-1 e aspettavamo che entrasse Rivera. Era il pallone d’oro. Ancora mi domando come abbia fatto Valcareggi a tenerlo fuori, proprio un genio. Entrò al mio posto a 6’ dalla fine. Io non sarei entrato. I brasiliani dicevano: “Se tengono fuori un pallone d’oro, chissà che squadra hanno, saranno fortissimi”. Rivera lo volevano far fuori per una conferenza stampa ad inizio mondiale. Ricordo che per sistemare le cose arrivarono anche Rocco e il presidente del Milan che litigarono con Mandelli, capodelegazione e uomo di Confindustria. Un pasticcio».
Forte Pelè, vero?
«Giocatore incredibile, in campo comandava lui. Era il faro del Brasile: non tanto alto, ma che personalità. E adesso vi racconto questa…».
Dicci…
«Burgnich ci aveva già giocato contro e mi ricordo che Pelè gli chiese: “Perché continui a guardarmi”. E Burgnich rispose: “Guardo dove devo menarti”. Si conoscevano, erano amici…».

Tommaso Bellini