Calcio Serie C – Michele Falanca, un mantovano nell’Acm: “La mia favola biancorossa”

Michele Falanca (al centro)
Michele Falanca (al centro)

MANTOVA La sconfitta col Sudtirol e le annesse polemiche sulla direzione arbitrale hanno fatto passare in secondo piano il debutto di un altro mantovano in maglia biancorossa: Michele Falanca. Doveroso colmare la lacuna lasciando che sia proprio lui a parlarci di questo evento, che innegabilmente resterà per sempre impresso nella sua memoria.
Michele, innanzitutto presentati…
«Sono nato il 5 giugno 2004 da mamma mantovana e papà napoletano, abito a Soave e da quattro anni gioco nel Mantova».
Dove hai tirato i primi calci?
«Nel Soave, categoria Pulcini. Poi sono passato al Marmirolo e da quattro anni, appunto, sono qui».
Sei sempre stato un attaccante?
«No, sono nato centrocampista. A spostarmi in avanti, quando giocavo nei Giovanissimi del Mantova, fu il mio allenatore di allora Tommaso Mari (attuale responsabile del vivaio biancorosso, ndr)».
Quest’anno facevi parte della Primavera…
«È stata un’annata molto complicata per me. Non trovavo spazio, ero molto demotivato. Poi è arrivato il gol al San Marino e da lì la mia stagione è svoltata. Anche se non è stata quella l’occasione che mi ha fatto arrivare in prima squadra».
E quale allora?
«Un’amichevole infrasettimanale tra la Primavera e la prima squadra. Lì mister Galderisi mi ha notato e ha deciso di aggregarmi ai “grandi”».
Prima convocazione per Mantova-FeralpiSalò: sensazioni?
«È successo tutto molto in fretta, dopo una sola settimana di allenamento. Mi hanno fatto la maglia col numero 7 e via in panchina. Ero felicissimo sì, ma anche tranquillo. Non volevo, e non voglio nemmeno adesso, farmi illusioni».
Avevi già frequentato il Martelli?
«Sì, da… raccattapalle. E poi avevo giocato una partita con le giovanili».
E arriviamo al debutto di domenica scorsa a Bolzano…
«Nel secondo tempo mi fanno scaldare e lì capisco che qualcosa può succedere. Continuo a ripetermi di stare tranquillo e non agitarmi. Poi Galderisi mi chiama: sì, tocca proprio a me».
Cosa ti ha detto il mister?
«Mi ha ribadito la parola chiave della giornata: intraprendenza. E sono entrato».
Soddisfatto dei tuoi 20 minuti in campo?
«Beh, ho preso subito un’ammonizione (che non c’era!). Per il resto ho cercato di seguire i dettami del mister. Avrei comunque potuto fare meglio».
Cosa ti hanno detto i compagni?
«Di portare le paste al prossimo allenamento. Non potevo esimermi».
Hai ricevuto altre congratulazioni?
«Sì, tanti amici mi hanno dimostrato affetto e li ringrazio perchè non me l’aspettavo. Altri non l’hanno fatto, forse per invidia o gelosia. Diciamo che in quest’occasione ho capito meglio chi sono gli amici veri».
Cosa ti hanno detto mamma e papà?
«Sono fieri di me. Ma continuano a ripetermi di rimanere umile e lavorare tanto».
Hai chiesto qualche consiglio agli attaccanti del Mantova?
«Nessuno in particolare. Li osservo in allenamento e cerco di imparare. Lavorare fianco a fianco con Monachello, De Cenco e Paudice per me è un onore».
Fuori dal campo, come vivi?
«Frequento la quarta Itis: non amo la scuola, ma voglio conseguire il diploma. Sono un tifoso del Napoli, ma non ho un calciatore di riferimento. Mi piace la musica rap americana, il mio idolo è il compianto Pop Smoke. E poi amo le arti marziali, che ogni tanto pratico. Non sono fidanzato».
C’è il calcio nel tuo futuro?
«Mi piacerebbe, ma non voglio aspettarmi nulla. Vivo il presente, cercando di sfruttare questa occasione che il Mantova mi concede. Non so se giocherò ancora, però una cosa posso assicurarla: per la volata salvezza ci sono anch’io. Pronto, se serve, a dare il mio contributo».