Corneliani, si torna allo stato di agitazione

MANTOVA Sette giorni di tempo vengono dati al Mise per convocare un tavolo con le rappresentanze sindacali interne della Corneliani, che ieri, senza altre sigle sindacali territoriali, hanno diramato un duro comunicato che così si conclude: «Nelle prossime giornate procederemo a far votare nelle assemblee dei lavoratori un pacchetto di ore di sciopero a sostegno delle nostre ragioni: una mobilitazione da programmare qualora non si sblocchino le assunzioni nella parte produttiva e qualora la convocazione del tavolo del Mise tardi nuovamente ad arrivare».
Due pertanto sono le date da prendere in considerazione, che casualmente vengono a coincidere: il 27 giugno, quando l’a.d. Giorgio Brandazza relazionerà ai soci (Invitalia al 49%) numeri e prospettive della nuova Corneliani, e nelle stesse ore l’assemblea delle Rsu con le altre sigle sindacali per decidere quali azioni intraprendere, proprio in relazione a quei numeri che il Ceo non ha dato ai lavoratori, riservandosi di comunicarli solo dopo averli esposti ai soci.
Ma non è solo un problema di comunicazione fra maestranze e vertici. L’inquietudine regna nello stabilimento di via Panizza nonostante le rassicurazioni rese pubblicamente da Brandazza sulla stampa specializzata. Lo stesso silenzio da parte del ministero dello sviluppo, socio in Corneliani tramite il suo braccio operativo, non rassicura chi chiede lumi su manifeste incongruenze rilevate da mesi in azienda rispetto agli accordi salva-Corneliani del 7 aprile 2021. E tra tutte, una in particolare desta preoccupazioni: come recita la nota delle Rsu, «ripetere per due volte che lo stabilimento di Mantova è “produttivamente saturo” è una tremenda bugia. Il nostro stabilimento è annaffiato da centinaia di ore di cassa integrazione tutte le settimane per precisa scelta dell’a.d. Brandazza di tenere in regime di sotto produzione gran parte della fabbrica a partire dell’incresciosa situazione che travolge i lavoratori del taglio. Il lavoro, quello che cresce con la ripresa del mercato, viene delocalizzato fuori dalle mura aziendali soprattutto nell’Est Europa perché gli unici obiettivi dell’a.d. sono la redditività, il risparmio, il profitto fine a se stesso. Così l’unico investimento industriale nuovo diretto è stato fatto nello stabilimento in Romania e, incredibilmente, è stata resuscitata la Slovacchia, stabilimento abbandonato dal perimetro aziendale nel concordato ma tenuta come fornitore terzo dove spedire lavoro che potrebbe essere fatto tutto tranquillamente su Mantova».
Amarissima la conclusione, prima di dare corso alla linea dura: «Ma il partner al 49% è Invitalia o l’agenzia di sviluppo rumena o slovacca? Il ministro Giorgetti ha messo la faccia per difendere un progetto che in questi sette mesi non ha portato nessuna nuova idea industriale su Mantova: ha intenzione di rimanere in silenzio per i restanti quattro anni di permanenza di Invitalia nella nuova società?». Intanto, il personale è deficitario, non si fanno apprendistati, e chi si pensiona non viene sostituito.