Uccise il marito a coltellate, pena ridotta in appello per Elena Scaini

MANTOVA Una riduzione di pena pari a 3 anni rispetto al verdetto di primo grado, per complessivi 18 anni di reclusione. Questo quanto deciso ieri dalla Corte d’Assise d’Appello di Brescia nei confronti di Elena Scaini, condannata per l’assassinio del marito Stefano Giaron, ammazzato a colpi di lama il 6 ottobre 2020 nell’appartamento di via Mozart che la coppia condivideva con l’anziana madre della vittima. Una sentenza riformata dunque a fronte del riconoscimento in prevalenza delle attenuanti generiche per il solo capo dell’omicidio volontario – aggravato comunque dal rapporto di coniugio ma non dalla premeditazione – e costatole in prima istanza 21 anni di carcere.
Confermata altresì l’assoluzione per non aver commesso il fatto, così come statuito a suo tempo dalla Corte d’Assise di Mantova, in merito la seconda imputazione a lei ascritta e relativa le lesioni perpetrate ai danni della suocera, Lina Graziati, a sua volta ritrovata dai soccorritori tre giorni dopo l’uccisione del figlio all’interno di quella stessa abitazione, con numerose ferite nonché ancora in stato confusionale. Proprio circa quest’ulteriore contestazione si erano incentrate in giudizio le analisi scientifiche circa l’eventuale compatibilità del coltello da cucina, presunta arma del delitto, ritrovato un anno dopo il fatto di sangue e in via presuntiva utilizzato dalla 56enne per colpire a morte il coniuge, e le lesioni riscontrate sulle due parti offese. Per questo motivo, i difensori della donna, gli avvocati Silvia Salvato e Andrea Pongiluppi, avevano chiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. Dai riscontri peritali erano state infatti isolate tracce biologiche, rinvenute su lama e impugnatura, riconducibili in prevalenza ai profili genetici dell’imputata e della propria suocera ottantenne, nonché in parte più residuale al 51enne Stefano Giaron. Una commistione di Dna ritenuta non sufficiente quindi, alla luce della decisione della corte, per corroborare oltre ogni ragionevole dubbio, la tesi inquirente della piena responsabilità dell’accusata anche in merito alle lesioni occorse alla suocera. Stando alla ricostruzione investigativa Elena Scaini aveva ucciso il marito all’esito dell’ennesima violenta lite scoppiata tra i due in ambito domestico. La 56enne era poi fuggita a bordo di un furgone lasciando l’anziana suocera sola in casa, ignara che il figlio fosse deceduto. Due giorni dopo in una struttura ricettiva a Zocca di Modena la Scaini aveva tentato il suicidio. Una volta soccorsa aveva raccontato quanto in precedenza successo, confessando di avere ammazzato il marito per difendersi dall’ennesima aggressione da lui perpetrata nei suoi confronti. Motivazioni attese tra 90 giorni.