PIACENZA A conclusione della Stagione Concertistica 2022 del Teatro Municipale di Piacenza, sabato 26 novembre alle ore 20.30 è in programma un appuntamento che vede protagonisti quattro giovani artisti, tutti già affermati a livello internazionale, con la Filarmonica Arturo Toscanini in un programma dedicato a Ludwig van Beethoven e Pëtr Il’ič Čajkovskij
Il concerto sarà diretto da Michele Spotti, classe 1993, una tra le più interessanti bacchette italiane della nuova generazione, con il trio di soliste tutto al femminile composto dalla violinista piacentina Clarissa Bevilacqua, diplomata all’età di 16 anni al Conservatorio Nicolini di Piacenza, da Miriam Prandi al violoncello e da Costanza Principe al pianoforte, tre giovanissime interpreti che hanno già guadagnato la ribalta internazionale.
Nella prima parte del concerto, i quattro musicisti affronteranno insieme alla Filarmonica Toscanini il Triplo Concerto per violino, violoncello, pianoforte e orchestra di Beethoven, composto dall’autore nel 1803-1804 all’ombra della Sinfonia Eroica e della Sonata op. 57 Appassionata.
«C’è un profondo legame fra Beethoven e Čajkovskij – spiega il Maestro Michele Spotti – Sono sicuramente due innovatori che hanno radicalmente scosso gli animi, ottenendo consensi e dissensi durante la loro carriera. In entrambi è presente la volontà d’evasione dalle forme canoniche che gli stili compositivi avevano imposto fino al loro avvento. Certamente per l’autore russo, la collocazione temporale aiuta a questa nuova Epifania romantica, intrisa di nazionalismi e nuove frontiere armoniche. Intense sono le connessioni anche all’atto pratico. Il triplo concerto di Beethoven è nel suo intento assolutamente geniale. Concettualmente il significato filosofico dietro a questa composizione è immenso: il non accontentarsi di un solo strumento solista, ma addirittura volerne tre, in un capolavoro di maestosità, formalmente “classico”, ma spiritualmente già oltre».
Il virtuosismo strumentale lascerà spazio a quello orchestrale con la Sinfonia n. 5 di Čajkovskij (1888), che, come la “quinta gemella” di Beethoven, è legata al tema del destino.
«Nella Quinta Sinfonia di Čajkovskij – continua Michele Spotti – troviamo, oltre al celeberrimo estro melodico, una componente beethoveniana di rilievo: quella dell’ossessione per la cellula ritmica reiterata, che tanto ha tessuto le fortune del compositore di Bonn».