Influenza, pronto soccorso in tilt, Taurozzi: “Servirebbe attivare un centro per le urgenze minori”

MANTOVA  – La Lombardia va incontro al picco influenzale australiano che dovrebbe essere raggiunto entro la seconda metà di gennaio. Attualmente l’incidenza regionale dell’influenza è di 14,3 casi ogni mille assistiti. I più colpiti risultano i bambini sotto i 5 anni con una incidenza di 25,5 casi ogni mille assistiti. Nella Provincia di Mantova si stima che nelle prossime settimane l’influenza possa colpire il 6% della popolazione. Il Pronto soccorso dell’ospedale cittadino è in grave affanno con oltre 200 pazienti al giorno.
Si è cercato di allestire al di fuori del Pronto Soccorso un Hotspot, un ambulatorio di riferimento dedicato per la sindrome influenzale al quale ci si può rivolgersi dalle ore 20 alle 24 e nei giorni festivi 8-13.
«L’attivazione dell’Hotspot purtroppo è stato poco utilizzato dagli utenti che si sono riversati in massa al Pronto soccorso – sottolinea Nicola Taurozzi primario emerito e autore di un progetto sperimentale di riorganizzazione del servizio emergenza urgenza per la regione –. L’influenza stagionale salvo qualche caso grave può essere curata a domicilio dietro consulto del proprio medico di famiglia. Come consiglio generale: evitare gli antibiotici, utilizzare antipiretici per abbassare la febbre, lavarsi spesso le mani per liberarle dai virus e batteri aderenti alle dita. La guarigione si raggiunge entro 5-7 giorni». Ma come si spiega l’alta incidenza dell’influenza nonostante l’impegno regionale nella campagna vaccinale?
«L’alta incidenza è ascrivibile a due fattori – spiega il clinico –: la scarsa copertura vaccinale antinfluenzale nel mantovano alla quale ha aderito appena il 17,5% della popolazione, e la presenza di un cocktail di più virus».
L’influenza stagionale ha acceso i riflettori sull’annoso problema dell’affollamento dei pronto soccorso, circa i quali Taurozzi ha già proposto un progetto sperimentale in merito: «Per rimanere in ambito mantovano anche se il problema è nazionale il sovraffollamento del Pronto soccorso cittadino imporrebbe una riorganizzazione strutturale del servizio emergenza urgenza. Occorrerebbe attivare sul territorio, nelle case di comunità o in altre strutture il Caub, centro assistenza urgenze minori a bassa complessità al quale l’utente che presenta patologie o urgenze minori (codici verdi e bianchi) potrà rivolgersi liberando il Pronto soccorso cittadino del 66% degli accessi inappropriati ( 39.670 casi) rispetto ai 60.106 casi di accessi totali. Tra l’altro la riduzione di spesa e quindi risparmio con i Caub in appoggio al Ps al netto del costo del personale dedicato si aggirerebbe attorno a 5 milioni annui, risorsa che permetterebbe di coprire anche il costo del personale di una casa di comunità» conclude Taurozzi.