MANTOVA In un’epoca in cui il tempo era scandito dal rintocco delle campane o dal movimento delle ombre, Mantova si erge a protagonista di una rivoluzione tecnologica e culturale: la nascita dell’orologio da tasca. Luciano Tosoni, gioielliere indimenticato, grazie alla sua approfondita ricerca negli Archivi di Stato di Mantova, supportata dalle archiviste Viviana Rebonato e Anna Maria Mortari, racconta questa affascinante vicenda nel suo libro “1462: nasce a Mantova l’orologio da tasca”. Un viaggio che fonde precisione artigianale, ingegno meccanico e il desiderio di dominare il tempo, simbolo di potere e modernità. Il volume si apre con un salto indietro nel tempo, fino alle radici della misurazione temporale. «In principio ci fu lo gnomone», scrive Tosoni, ricordando come gli antichi calcolassero solstizi ed equinozi osservando le ombre proiettate dalle meridiane. Da qui inizia il percorso verso il superamento delle tecniche rudimentali, grazie a meccanismi sempre più complessi che trasformano il tempo in una realtà tangibile, da misurare, controllare e persino possedere. Tra i tanti aneddoti raccontati da Tosoni, uno dei più interessanti riguarda la rivendicazione della Germania sulla paternità dell’orologio da tasca. Il Paese stabilisce come data ufficiale della scoperta il 1510, attribuendola a Peter Erlein, fabbro di Norimberga. Erlein, famoso per la sua abilità nella meccanica, costruisce piccoli orologi portatili chiamati Oirlein, termine che significa “piccoli orologi” ma che, a causa di un fraintendimento linguistico, viene confuso con Eierlein, ovvero “ovetto”. Tosoni sottolinea che, sebbene questi orologi abbiano giocato un ruolo importante nella diffusione europea, la loro comparsa è successiva all’impresa mantovana. La vera prova dell’origine mantovana dell’orologio da tasca, secondo Tosoni, è una lettera datata 26 novembre 1462. In questa, Bartolomeo Manfredi, maestro orologiaio al servizio dei Gonzaga, scrive a Ludovico Gonzaga lamentandosi del mancato pagamento del suo stipendio. Nella lettera, Manfredi manifesta l’intenzione di costruire un “arloieto”, termine che Tosoni definisce «prova inconfutabile» dell’esistenza di un orologio portatile, piccolo e personale, già nella Mantova del Quattrocento. Questo documento, conservato negli Archivi di Stato, testimonia come l’orologio da tasca sia nato proprio nella città lombarda. Nel 1479, Federico Gonzaga, trovandosi a combattere in Toscana, si accorge che il suo orologio da tasca è rotto. Invia un messaggero a Firenze, culla dell’artigianato, per ripararlo, ma nessuno è in grado di soddisfare la sua richiesta. Questa curiosa vicenda dimostra quanto fosse ancora raro e prezioso possedere un simile oggetto. Federico si rivolge poi ai maestri mantovani, riconoscendo implicitamente la superiorità dell’arte orologiaia della sua città. Altrettanto illuminante è il documento di Donato Donati, vicario di Revere, indirizzato a Isabella d’Este il 5 dicembre 1505. Nel testo si fa riferimento a un “orlogietto” commissionato a Pietro Guido “dell’Orologio”, chiamato anche in altre fonti “maestro Pietro Mantoano”. Questo predicato nobiliare, come sottolinea Tosoni, fu attribuito a Pietro per la sua straordinaria abilità nel costruire orologietti. Isabella, che da sempre commissionava il meglio delle arti e delle tecniche d’Europa, si rivolgeva a Pietro Guido perché i suoi lavori erano considerati i migliori reperibili nel continente. A ulteriore conferma dell’importanza dell’orologeria mantovana, Tosoni cita la lettera di Bernardo Bembo, datata 7 maggio 1506. Nella missiva, indirizzata al Duca di Mantova, Bembo raccomanda il suo “orologiuzzo”, definendolo «fatto già per mano del maestro Pietro Mantoano». La stessa Lucrezia Borgia invia a Mantova il suo orologietto perché Guido lo modifichi, mentre nel 1507 è la Duchessa di Urbino che chiede i servizi del maestro dell’Orologio. La supposta attribuzione alla Germania della scoperta da tasca, mai confutata con documenti ufficiali, sarebbe così smentita dai cartigli custoditi presso l’Archivio di Stato. Della scuola di orologeria mantovana si perse ogni traccia dopo la metà del XVI secolo, mentre la Germania dal 1600, divenne patria di costruttori di orologi di ogni tipo, e le fabbriche si estesero alla Svizzera, dove tutt’ora si trovano.