MANTOVA Condannato al carcere a vita per abusi sessuali su minore. Questa la sentenza emessa nei confronti di un cittadino italiano di 50 anni, Paolo Camellini, imbianchino originario di Goito, condannato in Kenya all’ergastolo con l’accusa di «aver violentato» il figlio adottivo di tre anni della ex moglie keniana. A riferirlo il quotidiano Daily Nation precisando che Camellini era stato arrestato lo scorso 16 febbraio a Manyatta, quartiere popolare di Kisumu, terza città del Paese, nella regione del Lago Vittoria, su denuncia dell’ex moglie keniana dopo che l’uomo aveva fatto visita al bambino il giorno prima.
Come riportano media nazionali segnalando la condanna, la denuncia presentata dalla donna risale al giorno prima, il 15 febbraio. L’uomo era stato quindi rilasciato su cauzione e da lì erano partite le indagini. I due si erano legalmente sposati in Italia sei anni fa. In seguito si erano separati e la donna era ritornata in Kenya. L’italiano ha raccontato agli inquirenti che i due si erano riconciliati e che lui tornava spesso in Kenya a trovare l’ex consorte e il bambino che la donna sosteneva di aver adottato. Il giudice del tribunale di Kisumu, Chrispine Oruo, ha stabilito che Camellini, il quale ha sempre negato l’accusa, sarà detenuto «a vita» nel carcere di massima sicurezza di Kodiaga, scrive il sito del giornale. «Le evidenze che hanno portato a questa sentenza hanno numerose lacune – spiega all’Ansa l’avvocato Isaac Odero che segue il delicato caso, in costante contatto con l’Ambasciata d’Italia a Nairobi – il medico non ha dato dettagli convincenti sugli eventuali danni subiti dal bambino e non è stata consegnato alla corte nessun esame che rilevasse Dna estraneo su di lui. Sono convinto della non colpevolezza del mio assistito e ho già annunciato che presenterò ricorso in appello. Siamo più che convinti di avere margini per ribaltare la sentenza di primo grado». Camellini è un assiduo frequentatore del Paese africano, vi si reca in vacanza da tempo per due mesi all’anno tra gennaio e febbraio. Aveva conosciuto la donna keniana, Brenda, una decina d’anni fa e l’aveva portata in Italia, dove i due si serano sposati legalmente, come conferma la sorella del mantovano. Dopo la separazione, Camellini ha continuato a mantenere la donna, anche quando aveva scoperto che lei aveva adottato il piccolo. Madre e figlio adottivo lo avevano anche raggiunto in Italia alla fine dell’anno scorso.
«È una sentenza assurda – ha dichiarato all’Ansa la sorella, che vive a Brescia -. Paolo non sarebbe in grado di compiere un atto del genere, in più è molto affezionato a quel bambino, così come lui a mio fratello. Ci ha chiamato dal Kenya il 18 febbraio dicendo che lo accusavano di qualcosa che non aveva commesso, ma era convinto di potersela cavare in poco tempo».