Appartamento a luci rosse, i testi: sì, c’erano giri sospetti

MANTOVA A indirizzare le forze dell’ordine verso quell’anonimo appartamento al quarto piano di un palazzone di viale Brigata Mantova, in città, erano state le diverse segnalazioni anonime pervenute circa un frenetico via vai di gente ad ogni ora, soprattutto la sera. Così, dopo un’articolata attività investigativa congiunta, constatasi per lo più di appostamenti in borghese, carabinieri e poliziotti erano giunti alla conferma dei sospetti iniziali.
Da alcuni mesi, tra il marzo e il giugno del 2019, quell’abitazione in zona Valletta Paiolo era stata infatti trasformata da qualcuno in una vera e propria casa di appuntamenti. A finire quindi nel mirino degli inquirenti i due soggetti a cui era risultata intestata la locazione dell’immobile: B.S., 62enne insegnate veronese e E.D.L.R.A., 28enne cittadino dominicano, anch’egli residente nella provincia scaligera e rappresentato in giudizio dall’avvocato Pietro Manfredi.
Per loro l’accusa, confluita dapprima in una denuncia e in seguito in un rinvio a giudizio, afferiva nello specifico l’ipotesi di favoreggiamento della prostituzione. In particolare, stando alle contestazioni loro ascritte, i potenziali clienti, secondo un modus operandi ben oliato, venivano dapprima abbordati tramite annunci pubblicati su un sito internet specializzato in incontri sessuali a pagamento, con prestazioni dal costo variabile comprese tra i 50 e i 70 euro contrattate quindi in un secondo momento tramite contatto telefonico diretto. A tenere le redini del business, sempre secondo il quadro inquirente, una giovane anch’essa originaria di Santo Domingo, nonché parente del connazionale alla sbarra, alla quale avrebbero fatto riferimento altre ragazze straniere, da lei assoldate come escort. Ed era stata proprio quest’ultima, escussa in apertura d’istruttoria in qualità di testimone, a prendere le difese dei due imputati. «Non ero sfruttata da nessuno – aveva dichiarato la donna nella circostanza -. Facevo quel tipo di lavoro semplicemente perché mi piaceva, mi divertivo e ogni tanto ospitato delle mie amiche che la pensavano come me. Mio cugino e l’altro non ne sapevano nulla». Una versione questa a cui dunque avrebbe dovuto far seguito, ieri, quella del 62enne docente ma, stante per la seconda volta consecutiva un suo legittimo impedimento a comparire in aula, l’esame da lui richiesto è quindi slittato di fatto alla seduta del prossimo 20 ottobre. A prendere la parola, invece, innanzi al collegio giudicante presieduto da Giacomo Forte, sono stati due mediatori immobiliari i quali, oltre a confermare i contatti iniziali presi con i due imputati per l’affitto dell’appartamento, hanno altresì ribadito i successivi sospetti, in merito a un giro strano di persone in quell’immobile.