MANTOVA Da anni il mondo del tennis internazionale si interroga su chi sia il Goat, Greatest Of All Time, il più grande di tutti i tempi. Per tanti appassionati “moderni” le rivalità nel mondo del tennis si sarebbero esaurire con il ritiro dello svizzero Roger Federer.
Le sue sfide con lo spagnolo Rafael Nadal hanno dato vita all’epoca di “Fedal”. Il terzo incomodo, stessa generazione, è il serbo Novak Djokovic, in corsa per diventare il tennista con il maggior numero di titoli Slam vinti in carriera. Dei Fab Four ammiriamo ancora in attività Sir Andy Murray ed ecco che spunta un nuovo spagnolo, Carlos Alcaraz. Tutto questo per dire che lo sport, in generale, si autoalimenta, e anche il tennis non rimarrà mai a secco di personaggi. Bjorn Borg e John McEnroe, la cui rivalità è stata narrata da Emanuele Atturo nella Tenda Sordello partendo dal loro ultimo incontro – in tutto sono stati 14, sette vittorie per parte – la finale degli US Open del 1981 in un impianto molto diverso da quello in cui abbiamo visto in questi giorni l’ultima edizione del torneo statunitense, con il cemento verde e gli spettatori seduti anche per terra intorno al campo centrale, oggi sono i capitani rispettivamente del Team Europe e del Team World della Laver Cup (a proposito di Goat). Torneo esibizione voluto e ideato proprio da Federer.
McEnroe odiava allenarsi, Borg non lasciava nulla al caso. “i due si sono specchiati uno nell’altro, come se si fossero auto alimentati vicendevolmente, una rivalità che si avvicina a una storia d’amore”, l’ha definita Atturo, perché si sa in amore gli opposti si attraggono. McEnroe, l’irascibile, Borg, il serioso, la loro rivalità ha dato vita anche a un film.
Così diversi tra loro, sono diventati le due facce di una società che riuscivano a rappresentare. Lo erano loro, lo sono i Fab Four, lo saranno chi verrà dopo di loro, Perché il tennis non morirà mai.
Tiziana Pikler