
MANTOVA La fotografia anagrafica della popolazione del capoluogo è datata al 31 dicembre scorso, e quella delle presenze straniere all’anno prima, ma rimangono pressoché inalterati i rapporti fra i residenti “autoctoni” e le presenze straniere immigrate a Mantova. Rapporto che si esprime nella misura percentuale del 15,5%, risultando fra le più alte dell’intero paese (8,5%), comunque superiore alla media lombarda (11,6%), e persino di quella dell’intera provincia virgiliana (13,1%). Dell’intera popolazione residente in città, computata in 49.297 unità, gli stranieri risultano 8.199, dei quali 1.063 di provenienza comunitaria e 7.136 extracomunitaria. Un numero record, insomma, che potrebbe in tutta tranquillità autorizzare a dire che a Mantova ci sono più sranieri che a Lampedusa – dato che nell’isola gli approdi rappresentano solo un punto di smistamento, e non un vero approdo stanziale.
Dai computi anagrafici approntati dall’ufficio demografico comunale emerge che non esiste una sostanziale differenza fra i sessi degli stranieri: grossomodo uomini e donne si equivalgono nel numero, mentre esiste una netta prevalenza per età: sia uomini che donne evidenziano una massiccia prevalenza nella fascia d’età ricompresa fra i 35 e i 49 anni, con crescida rapida e numerica in quella della prima età dagli zero ai 10 anni, e una quantificazione pressoché insignificante in quella della terza età, dai 65 anni in su.
Una riflessione è d’obbligo, anzi due. Perché tanti stranieri qui? La risposta sconfina nell’ovvio: fra i capoluoghi italiani, Mantova è una città che ancora consente di vivere con cifre contenute nel costo della vita (nel capoluogo gli affitti medi si aggirano attorno ai 600 euro mensili); in più, come rilevato in Comune, la città offre una gran disponibilità di alloggi di edilizia residenziale o popolari che dir si voglia. Dunque, è attrattiva.