Festivaletteratura. Il carteggio tra Goethe e Schiller

MANTOVA Un carteggio che racconta una splendida amicizia, quella tra Johann Wolfgang Goethe e Friedrich Schiller. È il “Carteggio 1794-1805”, edizione italiana di un monumento della letteratura mondiale. Nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria ne hanno parlato i curatori Maurizio Pirro, professore all’università degli Studi di Milano Statale, e Luca Zenobi, docente all’Università di L’Aquila insieme alla giornalista Natascha Fioretti.

1013 le lettere tradotte dal tedesco del Settecento dai due germanisti che si sono suddivisi il lavoro: Pirro si è occupato delle missive di Goethe e Zenobi quelle di Schiller, un impegno durato un decennio, portato avanti contemporaneamente all’attività accademica. A sollecitare il carteggio è Schiller che, il 13 giugno 1794, scrive a un già famoso Goethe, autore de “I dolori del giovane Werther” nel 1774, per invitarlo a collaborare a una rivista che stava tentando di costituire.

Lo stile dei due autori tedeschi è ovviamente diverso anche per i momenti differenti che vivono, Goethe già conosciuto e affermato, Schiller ai suoi inizi dopo aver abbandonato l’idea di una vita ecclesiastica prima e militare poi. “Questa asimmetria tra i due si riconosce anche nel modo di scrivere”, ha spiegato Pirro, “Schiller è più labirintico, le sue lettere sono numericamente meno ma molto più lunghe, mentre spesso Goethe risolve delle questioni anche rilevanti con un semplice tocco di penna”. Questa differenza di status non impedisce la nascita di un’amicizia importante. “Schiller riesce a trovare la chiave giusta per aprire la caratura monumentale di Goethe”, ha detto Zenobi, “nel corso del carteggio infatti la posizione di inferiorità di Schiller giunge a un punto di equilibrio con lo scambio epistolare che diventa biunivoco”. Qual è questa chiave? Un escamotage molto moderno: sollecitare il grande narcisismo dell’autore del “Faust”.