Malasanità: sentenza dopo 14 anni. Intanto la vittima è morta nel 2014

MANTOVA  – Si era ammalata di cirrosi epatica a causa di una trasfusione con sangue infetto, e dopo due trapianti e 14 anni di processo civile finalmente le è stato riconosciuto un indennizzo. Peccato che nel frattempo quella malattia se la sia portata via a soli 35 anni. È stata pubblicata lo scorso 6 agosto la sentenza emessa dal giudice civile del Tribunale di Brescia riguardante la vicenda di  Maria Teresa D’Errico, morta nel 2014 all’ospedale Cardarelli di Napoli, dove era tornata dopo avere vissuto gran parte della sua vita a Gonzaga. E al Cardarelli di Napoli sarebbe iniziato tutto, al tramonto degli anni 70, quando una piccolissima Maria Teresa era stata sottoposta a una trasfusione nel reparto di patologia neonatale. Una trasfusione che avrebbe segnato per sempre la sua esistenza, come certificato dal consulente tecnico unico (Ctu) che ha riconosciuto il nesso di causalità fra la trasfusione fatta al Cardarelli 40 anni fa, con la prima diagnosi della malattia nel febbraio 2000 all’ospedale di Udine, e soprattutto con il suo decesso avvenuto nell’aprile 2014. In mezzo a questo periodo, e precisamente nel 2006, la donna aveva intentato una causa civile contro il Ministero della Salute assistita dall’avvocato mantovano  Andrea Giubertoni. Una causa per un presunto caso di malasanità per la quale nel 2018, ovvero 4 anni dopo la morte della donna, era arrivata una prima sentenza a dir poco beffarda, poiché i giudici di Brescia (competenti territorialmente) avevano assolto il Ministero per la mancata tempestività della domanda formulata dalla stessa donna. L’avvocato Giubertoni, che a quel punto assisteva i genitori della D’Errico in quanto suoi eredi diretti, ha impugnato la sentenza in appello dove questa decisione è stata riformata. I giudici hanno poi quantificato il risarcimento alla persona offesa, e qui è arrivata la seconda beffa. La D’Errico avrebbe avuto diritto a un indennizzo quantificato in 859.419 euro se la sentenza fosse stata emessa quando era ancora in vita (fermo restando il suo decesso all’11 aprile 2014). Ora, invece, visto che va liquidato agli eredi (i genitori), la cifra è stata fissata in 349.763 euro, dai quali vanno decurtati circa 49mila euro che la donna aveva ricevuto come indennizzo di invalidità quando era ancora in vita. Il conto finale è di 300.019 euro; somma che lo Stato non ha ancora versato ai genitori della donna. Frattanto l’Avvocatura prepara il ricorso in Cassazione, mentre l’avvocato Giubertoni dopo la causa civile  iure hereditatis per i danni che riguardano la vittima principale e possono trasmettersi in favore degli eredi iure successionis, sta per intraprendere anche la causa  iure proprio, quella per danni riflessi, incidenti sulle persone “vicine” alla vittima primaria dell’illecito, cosiddette “vittime secondarie”.