MANTOVA Potrebbe dover restituire all’Inps oltre 50mila euro una 84enne di Marmirolo che aveva ottenuto nel 2017 il riconoscimento dell’invalidità al 100% a causa del morbo di Alzheimer che l’aveva colpita anni prima. I referti delle ultime commissioni hanno nondimeno riscontrato in lei solo “lievi disturbi” che non ne compromettono l’autonomia, e che da subito le hanno comportato la revoca dell’assegno di invalidità, l’accompagnatoria e anche un minimo assegno da 50 euro per sé a integrazione della sua pensione. Un referto inspiegabile anche per il suo medico di base, che non si capacita del fatto che una persona affetta da tale morbo degenerativo e ingravescente possa “guarire”. Oltretutto, nella peggiore delle evoluzioni possibili, alla stessa potrebbe essere richiesta anche la restituzione di quanto percepito sinora.
A denunciare la situazione è il figlio 62enne, che ha seguito la malattia della madre da oltre quindici anni. I primi segnali di degenerazione mentale si erano verificati nel 2009, quando la donna era rimasta vedova. Ma è stato nel 2017 che alla donna era stata riconosciuta l’invalidità totale, oltre all’assegno di accompagnamento più i benefici della legge 104 per il figlio stesso. Il tutto per circa 600 euro mensili confermati anche nei successivi controlli delle commissioni invalidi dell’Ats e dalle certificazioni del proprio medico di base.
Addirittura, il tribunale di Mantova le aveva assegnato in prima battuta anche un amministratore di sostegno, visto il processo degenerativo delle capacità cognitive della paziente, che vive a tutt’oggi da sola nella propria abitazione, con la sola presenza di ausilio del figlio. Ma nel 2023 la svolta inattesa. Secondo il referto della commissione sanitaria appositamente istruita l’84enne presenterebbe solo “lieve decadimento cognitivo” e null’altro che possa pregiudicarne l’autonomia. Sulla base di quel referto il tribunale ha addirittura respinto la richiesta del figlio di ricorrere a una perizia suppletiva affidata a un consulente tecnico d’ufficio (Ctu). La donna viene ritenuta “autonoma”, e non più bisognosa di ricevere assegni assistenziali, che l’Inps ha infatti già sospeso di erogare.
Una situazione paradossale per il suo medico curante: sarebbe il primo caso di guarigione dal morbo di Alzheimer, commenta lui allargando le braccia.
Addirittura, lo stesso medico aveva per il caso presente consigliato il ricovero in una struttura pubblica dedicata a questo tipo di malattie. Un ricovero reso tanto più necessario e urgente dal momento che la donna, chiaramente non in grado di poter decidere in proprio sul proprio regime assistenziale, già una volta aveva rifiutato di essere accolta in un centro diurno. E comunque, oltre al danno, anche la beffa, qualora l’Inps pretendesse i circa 50mila euro sinora erogati.