MANTOVA Condannati in solido al risarcimento del danno, oltre al pagamento delle spese legali di lite, in favore della parte attrice. Questo quanto disposto dal giudice civile del tribunale di Mantova, Francesca Arrigoni, nei confronti dell’allora primario di chirurgia dell’ospedale San Pellegrino di Castiglione delle Stiviere nonché dello stesso nosocomio aloisiano, entrambi convenuti in giudizio da una 44enne mantovana circa l’ipotesi di colpa medica.
La vicenda, approdata poi in sede civile, risale al 31 marzo 2015 quando la ricorrente era stata sottoposta a un intervento chirurgico di sigmoidectomia (nello specifico consistente nell’asportazione del sigma, porzione distale del colon sinistro) e proctopessi addominale a seguito del quale aveva subito lamentato forti dolori lombosacrali e febbre persistente. Controllata dallo stesso medico operante alla donna era quindi stata riscontrata cisti coccigea asportata in day hospital circa due mesi e mezzo dopo, il 10 giugno 2015.
A quel punto la parte convenuta, nonostante il persistere di detti sintomi accompagnati da difficoltà deambulatoria, aveva diagnosticato alla paziente una lombosciatalgia da curare con iniezioni di nicetile a fronte invece di diverso responso fornito da altra struttura sanitaria a cui l’esponente si era successivamente rivolta e che a tale cura antibiotica, rivelatasi poi non risolutiva del problema, consigliava al contrario ricovero urgente e intervento di laparoscopia per sospetta infezione. Elementi di responsabilità in capo al professionista si erano dunque appurati all’esito di apposita consulenza medico-legale preventiva, ai fini della composizione della lite, su cui poi si era incardinato il procedimento civile; stando a tale incombente peritale infatti erano emersi elementi di colpevolezza a carico del chirurgo sia in fase pre operatoria che post operatoria con violazione da parte dello stesso dei doveri di diligenza professionale – da cui erano derivati danni da invalidità e incapacità lavorativa – a danno della paziente nonché della stessa struttura ospedaliera responsabile in forza di contratto atipico di assistenza sanitaria. Responsabilità respinte in toto in sede di costituzione a giudizio sia dal San Pellegrino che dal primario (dal 2018 non più in servizio in detta struttura); il primo eccependo, in primis, assenza di nesso di causalità tra la condotta del sanitario e l’evento dannoso occorso nonché carenza di colpa in capo allo stesso chirurgo, risultando corrette sia le diagnosi pre operatorie che le condotte post operatorie da lui effettuate. Inoltre sulla base del contratto di incarico di libero professionista era tenuto a manlevare la struttura da ogni possibile addebito.
Eccezione quest’ultima sollevata pure dallo stesso chirurgo convenuto secondo cui la responsabilità del medico è meramente extracontrattuale, oltre alla sua dichiarata totale assenza di responsabilità in tale caso di specie. Dall’istruttoria è stata invece stabilità la piena dimostrazione della sussistenza del nesso di causalità danno-evento in termini di indebolimento della parete addominale della 44enne correlato a due laparotomie, a resezione di un segmento di sigma, a esiti cicatriziali intraddominali e infezione (o discite) del disco intervertebrale S1-S2, nonché dell’esistenza di contratto afferente la prestazione sanitaria.
Di contro si è così stabilito come i convenuti non siano stati in grado di attestare l’assenza di inadempimento per carenza di condotta colposa del sanitario o del nesso eziologico tra la stessa e l’evento, dipeso di fatto da condotta omissiva del medico soprattutto in fase pre operatoria. A fronte di tali risultanze probatorie il giudice civile di via Poma, con sentenza del 15 marzo scorso, ha quindi statuito circa la responsabilità delle parti convenute fissando a loro carico in solido la somma di 90mila euro a titolo di risarcimento del danno in favore della parte attrice, difesa e rappresentata in giudizio dall’avvocato del Foro di Mantova, Elena Raimondi.