Rinunciano all’eredità con debito ma lo Stato torna a battere cassa

MANTOVA Un anno dopo la scomparsa del loro congiunto avevano deciso di rinunciare all’eredità, visto che tra quanto spettava loro c’era un debito di 50mila euro con l’erario. Un debito che sembrava dunque morto e sepolto nel senso letterale de termine. Ma le leggi della natura non sono certo le stesse della burocrazia che a 15 anni di distanza dalla scomparsa del debitore ne ha resuscitato il debito andando a battere cassa dagli eredi che si erano auto-diseredati. Una classica vicenda kafkiana quella che sembra finalmente in dirittura d’arrivo in questi giorni, visto che la sentenza del giudice civile del tribunale di Mantova è attesa per domani. Il caso riguarda la vedova e la figlia di un uomo venuto a mancare nell’ormai lontano 2003. A esequie avvenute le due scoprono di essere le eredi tra le altre cose, di un debito nei confronti di Inps e Fisco per un totale di circa 50mila. A quel punto le due donne rinunciano a questa scomoda eredità, atto formalizzato nel 2004. Sembra finita lì ma le vie del Fisco sono infinite. Così a battere cassa si presenta l’Inps per dei mancati versamenti di contributi e a seguire saltano fuori anche degli omessi versamenti per Iva e Irpef. Le questioni vengono discusse davanti alla Commissione tributaria per quel che riguarda Iva e Irpef, e dal giudice del lavoro per i contributi non versati: in entrambi i casi viene emessa la sentenza che annulla l’ingiunzione di pagamento alle due donne. Finalmente la parola fine su una vicenda peraltro dolorosa? Nient’affatto, perché nel 2018, a 15 anni dalla scomparsa del debitore, si fa avanti l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, quella che ha preso il posto della famigerata Equitalia. Nuovo nome e vecchie abitudini: le due dis-eredi si vedono contestare la richiesta monstre di 50mila euro. Queste allora impugnano le cartelle esattoriali e il ruolo tramite l’avvocato  Roberto Cuva che ha presentato la sua opposizione davanti al giudice del tribunale civile di Mantova che nelle prossime ore dovrebbe emettere la sua sentenza, e forse seppellire definitivamente questa vicenda che sembra non avere una fine. Purtroppo, osservano gli addetti ai lavoro, situazioni di questo genere non sono rare, e anche se alla fine chi fa impugna ruoli e cartelle riesce a vincere la causa questa resta comunque un costo da affrontare a livello legale, solo per parlare del disagio economico che l’imputato deve affrontare; un costo che lo Stato, tanto zelante nel perseguire i propri debitori. difficilmente risarcisce quando prende torto.