Sanità e corruzione, il processo va a Milano

MANTOVA  – Passa a Milano il procedimento sulla presunta corruzione in sanità che si snoda tra Cremona, Milano, Mantova e Pavia. Il gup di Cremona Giulia Masci ha accolto ieri l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata da alcuni difensori, ordinando la trasmissione degli atti alla procura meneghina. Sette gli imputati, tra i quali il il direttore della Chirurgia generale dell’ospedale di Mantova Luigi Boccia. Secondo l’indagine nata a Cremona, Francesco Ganino, all’epoca dei fatti direttore commerciale per la Lombardia, il Piemonte e la Liguria della BBraun, società di Milano, avrebbe “regalato” a Luigi Boccia viaggi di lavoro e con la famiglia costati ben 22 mila euro, ma anche la cena del reparto: 2.400 euro. Sempre secondo gli inquirenti ci sarebbero stati benefit anche per altri colleghi di Boccia, quali Mario Martinotti, ex primario dell’ospedale Maggiore di Cremona (un viaggio di lavoro per 1.171, 53 euro), e Cosimo Vincenzo Sansalone, direttore del Dipartimento di Chirurgia generale dell’Asst di Pavia e primario dell’ospedale di Vigevano, al quale Ganino avrebbe invece “regalato” mille euro per un convegno. Stando a quanto emerso dalle indagini, Ganino avrebbe corrotto i primari ospedalieri per ottenere importanti contratti di forniture. Gli affari più consistenti li avrebbe fatti proprio con Boccia, questo perché il primario virgiliano, sempre stando alla pubblica accusa, sarebbe stato contattato anche per il suo incarico di presidente della commissione circa una gara pubblica per la fornitura di dispositivi per la video-laparoscopia indetta da Arca, il portale per le gare pubbliche di Regione Lombardia, nel gennaio 2017. Boccia è accusato di avere favorito la BBraun, facendo aggiudicare alla società milanese 5 lotti per 4.160. 574 euro. Per questo al primario oltre al reato di corruzione viene contestato anche quello di turbativa d’asta. L’indagine era scaturita da una serie di intercettazioni relative a un’altra inchiesta per la quale è attualmente a processo Martinotti. Secondo chi ha indagato, Boccia e Ganino si sarebbero accordati perché il presidente della commissione attribuisse a quei lotti un punteggio massimo. In cambio, Ganino lo avrebbe ripagato con le “utilità”, pescando i soldi da un fondo “extra contabile”.