Segregò in casa la mediatrice culturale, patteggia 5 anni

MANTOVA Aveva tenuto legata e segregata in casa una connazionale sua conoscente per quasi ventiquattrore. A far cessare l’incubo vissuto da una 35enne mediatrice culturale marocchina, ci avevano pensato alla fine i carabinieri del radiomobile di Mantova traendo in salvo la vittima dalle grinfie del proprio aguzzino. L’episodio violento, su cui gli inquirenti avevano mantenuto il più stretto riserbo in attesa dell’udienza di convalida dell’arresto, era occorso tra il 20 e il 21 aprile scorso nel quartiere cittadino di Formigosa. In manette con le accuse di sequestro di persona, rapina, violenza privata e lesioni – in un primo momento si era altresì ipotizzato il reato di violenza sessuale – era così finito Brahim El Ouafi, 42enne pregiudicato richiedente asilo, sino a quel momento ristretto agli arresti domiciliari per una precedente rapina da lui commessa nel 2020 al centro commerciale La Favorita.
E proprio a fronte di tale misura cautelare e dell’impossibilità di uscire, l’amica – dipendente di una cooperativa sociale proprietaria dell’immobile in cui l’uomo alloggiava – aveva deciso di fargli visita per fornire assistenza. Ma una volta messo piede dentro l’abitazione dell’uomo ecco che la situazione aveva preso a degenerare repentinamente. Il magrebino infatti, dopo aver chiuso la porta d’ingresso con più mandate, le aveva subito requisito la borsetta contenente i documenti e il telefono cellulare. Davanti a tali inspiegabili comportamenti la giovane, incapace di poter mettere in atto qualsiasi iniziativa di difesa e temendo gravemente per la propria incolumità, aveva dapprima cercato di assecondare l’uomo nel proprio delirio, acuito anche dall’assunzione di cocaina. Scenario questo protrattosi fino all’alba del giorno seguente quando il 42enne, pensando ad un intento di fuga della ragazza, l’aveva afferrata da dietro per il collo, facendola inginocchiare e, sotto la minaccia di un coltello, le aveva coperto la bocca con del nastro adesivo, legandole altresì i polsi con una cinghia per poi bloccarla completamente con delle lenzuola utilizzate come corde. Col passare delle ore e con il calo dell’effetto psicotropo della droga, la vittima aveva quindi atteso che il sequestratore si tranquillizzasse, riuscendo via via a convincerlo a liberarla previa promessa che non sarebbe scappata. La svolta giungeva infine nel corso del tardo pomeriggio quando il 42enne, ormai sfinito da un punto di vista fisiologico, le aveva ordinato di andare a comprare sigarette e birre in un vicino negozio di alimentari, ma tenendola d’occhio dal balcone. La ragazza quindi, una volta fuori e approfittando di una zona in cui non era nel campo visivo del sequestratore, aveva così chiesto aiuto a dei passanti i quali, senza perder un’istante, avevano allertato i carabinieri. Giunti sul posto i militari, dopo aver tranquillizzato la 35enne ed essersi sincerati della sua incolumità avevano quindi ricostruito minuziosamente l’intera vicenda.
Dal racconto della donna, lucidissimo e puntuale, era così emerso come il proprio carnefice, dopo una breve discussione, avesse all’improvviso e in maniera del tutto immotivata mutato atteggiamento, divenendo nei suoi confronti aggressivo e possessivo. La successiva perquisizione domiciliare aveva infine confermato quanto da lei riferito facendo scattare le manette ai polsi del 42enne. Al termine dell’interrogatorio di convalida il giudice per le indagini preliminari, su impulso del sostituto procuratore di turno, aveva dunque disposto la custodia cautelare in carcere per il sequestratore. Ieri mattina infine, a seguito di rinvio a giudizio immediato, l’imputato, difeso dall’avvocato Umberto Bertani, è comparso in udienza preliminare davanti al gup Beatrice Bergamasco, patteggiando una pena (il minimo edittale) di 5 anni e 2mila euro di multa.