Sequestri e torture: nuove accuse per Bougana, il terrorista di Canneto

MANTOVA  La Polizia di Brescia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip di Brescia su richiesta della Procura, nei confronti di un 28enne foreign fighter italiano di origini marocchine, per «sequestro di persona e lesioni personali, aggravati dall’avere adoperato sevizie e agito con crudeltà nonché dalla finalità di terrorismo e dell’odio razziale». L’uomo arrestato in carcere dalla polizia di Brescia per terrorismo con l’accusa di essere un foreign fighter si chiama Samir Bougana, di 28 anni. Originario del Marocco è nato a Gavardo, nel Bresciano; ha vissuto in Italia fino a 16 anni, fra Piadena e Canneto sull’Oglio. Poi il trasferimento con la famiglia in Germania nel 2010, quindi nel 2015 in Siria con una donna divenuta sua moglie. Nel giugno del 2019 l’uomo, attualmente detenuto, era stato prelevato a Kobane (Siria), dove si trovava in stato di cattura da parte delle Unità di protezione popolare curde, da funzionari della Digos di Brescia e della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, all’esito di una operazione condotta in stretto raccordo con Aise, Fbi e Autorità siriane e arrestato per partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo, in quanto, dopo una radicale adesione ideologica alla Jihad islamica iniziata in Italia e completata in Germania, era partito per la Siria dove era divenuto un operativo del sedicente Stato Islamico. Nel luglio del 2020, il Tribunale di Brescia lo ha poi condannato a 4 anni di reclusione, sentenza poi confermata in Appello. I successivi approfondimenti investigativi, condotti anche in ambito internazionale, hanno trovato un punto di svolta nello scambio informativo tra le autorità italiane e tedesche che ha fatto emergere come lo stesso foreign fighter poteva essere stato responsabile anche di torture e sevizie nei confronti di almeno due persone, tra cui un adolescente, che si erano rifiutate di combattere per l’Isis e attualmente rifugiate in Germania. Decisiva in tal senso è risultata la testimonianza, raccolta a Dusseldorf dal pm titolare delle indagini e da funzionari della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e della Digos di Brescia, di una delle vittime delle torture, che sarebbero state inflitte dal foreign fighter italo-marocchino: nel mostrare le cicatrici delle sevizie subite, il testimone ha raccontato anche di torture perpetrate con scariche elettriche nei confronti di detenuti curdi appartenenti alla minoranza Yazidica per costringerli alla conversione all’Islam.