MANTOVA Ottime le notizie di annunci riguardanti nuovi insediamenti produttivi (e dunque nuovi posti di lavoro) nell’area di Valdaro. Ma a quali condizioni arrivano investitori disposti a insediarsi in quello snodo intermodale acqua-gomma-ferro che da decenni viene spesa dal Comune di Mantova come la scommessa del futuro? Questo è il problema, su cui stanno ragionando le minoranze consiliari. Ma per capire il problema sollevato dal leader dell’opposizione in via Roma Stefano Rossi (Mantova ideale) occorre fare un passo indietro.
Il comparto di Valdaro, sull’Ostigliese, assommava a oltre 1,5 milioni di metri di area artigianale-logistica acquisiti dalla Valdaro Spa, società partecipata ormai quasi interamente dal Comune di Mantova, e per piccoli residui dal Comune di San Giorgio Bigarello e Camera di Commercio. Tale Spa ha rischiato il fallimento nel 2014, con un buco di 24 milioni, e solo nel 2015 il sindaco Mattia Palazzi è riuscito con abile lavoro di diplomazia a scongiurare i libri in tribunale, convincendo le banche creditrici ad accogliere le condizioni della liquidazione “in bonis” della società, dietro l’assicurazione che i terreni sarebbero stati venduti.
A quali condizioni? Questo è il punto. Gran parte dell’area disponibile era stata acquisita dal gruppo Rossetto e dal gruppo Paganella. L’area residua, circa 150mila metri quadrati, è stata recentemente acquisita dagli spagnoli del gruppo Affinity Petcare.
«Ma a quali condizioni?», sbotta Rossi. Intanto, il prezzo. Palazzi ebbe a riferire in consiglio che 80 euro al metro non avevano comportato la vendita di una sola zolla. Ribassò a 40, col benestare dell’agenzia delle entrate, per l’affare Rossetto. Oggi ha rialzato a 50 euro con il colosso del petfood. Ma non solo. Agli spagnoli, che hanno risposto alla manifestazione di interesse per la vendita, l’amministrazione ha posto ulteriori garanzie. Per esempio, quella di togliere certi vincoli che avrebbero impedito agli acquirenti di rivendere le stesse aree per almeno 10 anni.
«Invece vedo – prosegue Rossi – che la giunta ha apportato una modifica statutaria della Valdaro Spa. Con una delibera ad hoc si sancisce la modifica del comma 1 dell’articolo 10 della Bozza di convenzione per alienazione delle aree a privati del Piano attuativo denominato “Piano Attuativo 5.1 Comparto di Valdaro” e in particolare il testo viene così riformulato: “La ditta acquirente non potrà alienare, né dare in comodato né concedere in uso a terzi lo stabilimento realizzato e il relativo lotto di terreno né parti di essi per la durata di 10 (dieci) anni dalla data del rogito”, aggiungendo: “con esclusione di (a) società di leasing, con sottoscrizione di contratto di leasing con società del gruppo, (b) società con la medesima compagine sociale della ditta acquirente ovvero appartenente al medesimo gruppo societario a cui appartiene la ditta acquirente, (c) una società partecipata al 100% dalla ditta acquirente”. Ma quante altre ditte – prosegue Rossi – avrebbero potuto partecipare dietro garanzia di questa concessione “extra”? E le stesse concessioni adesso potrebbe rivendicarle anche Rossetto e Paganella. Non solo: se la partecipata invece di stoccare cibo per animali fosse una ditta che smaltisce eternit, per esempio, nulla osta che quel terreno potrebbe essere ceduto a tale scopo. Insomma, come suol dirsi, sono stati cambiati “i pütin in dla cüna”. Per me non è un’operazione regolare. Quei terreni erano stati acquisiti dalla Valdaro Spa con denaro pubblico, ma qui si è fatta invece una trattativa privata con proprietà e soldi pubblici», conclude Rossi.