Dal National Geographic a Grazie: in mostra gli scatti di viaggio di Fabio Gandolfi

CURTATONE “Memorie di viaggio” è il nome della mostra fotografica che si appresta a essere inaugurata all’Infopoint delle Grazie di Curtatone (via Francesca 31). Tutti gli scatti sono opera di Fabio Gandolfi, mantovano classe ’86, tecnico di laboratorio per professione ma astro nascente della fotografia: nel 2016 la foto “La musica rende liberi” è stata selezionata per omaggiare la riapertura del Bataclan ed è stata esposta in piazza San Fedele a Milano per un mese e celebrata da Roberto Saviano durante il programma Imagine (Canale 9). Pochi mesi fa il traguardo ambito da tanti fotografi: due ritratti sono stati scelti dalla redazione di National Geographic, uno è stato pubblicato sul sito nella rubrica “Ritratti dal mondo nelle grandi foto della settimana” (il secondo potrebbe avere la stessa sorte su sito e rivista). E queste sono solo due delle grandi soddisfazioni ottenute. Dopo aver camminato sulle strade di Inghilterra, Germania, Praga, Austria, Olanda, Grecia, Catalogna, Polonia, Egitto, Spagna, Kenya, Francia, Andalusia, Cordoba, Marocco, deserto del Sahara, Sri Lanka, India, Turchia, Thailandia, Birmania e Giordania, l’archivio fotografico è talmente profondo da dover fare uno step importante e passare quindi dai social e una vera e propria esposizione delle foto migliori. La mostra sarà aperta al pubblico venerdi (dalle 15 alle 18), sabato e domenica (dalle 10 alle 12:30 e dalle 15 alle 18), e in anteprima alla Voce anticipa quale sarà il tema e il contenuto.
 Qual è l’idea alla base della mostra?
“L’idea alla base della mostra è il desiderio di mostrare ciò che i miei occhi hanno colto in questi primi anni di viaggio. Ho sempre il desiderio di far vedere ad amici e conoscenti i miei scatti, anche per tentare di raccontare dal mio punto di vista i luoghi visitati. Si tende a comunicare sempre di più con i social, senza “toccare” con mano i risultati; una mostra può essere una bella occasione per condividere immagini, pensieri e parole”.
 Com’è avvenuta la selezione degli scatti?
“La selezione non è stata facile. Sono orgoglioso di tanti miei scatti, forse perché ogni immagine, venendo dalla strada, porta dentro di sé una sua storia, che ogni volta mi permette di ritornare con la mente e il cuore nel posto in cui sono stato. Penso che siano tutti degni di essere visti, ma a causa dello spazio limitato ho dovuto scegliere 24 scatti. Ho preferito esporre le fotografie degli ultimi anni di viaggio perché credo di essermi migliorato rispetto alle prime esperienze, e ritengo che queste foto abbiano un importante potere comunicativo. Punto molto sui ritratti e sulla street-photography, cerco gli sguardi e i momenti che mi attirano”.
Quelli di cui va più fiero?
“Vado molto fiero delle immagini scattate in Myanmar, forse è stata l’esperienza più naturale fra tutte (dal punto di vista fotografico). Le immagini raccolte tra le etnie Kayah e Kayan sono le mie preferite, perché non c’era nulla di costruito, non ci sono stati compensi e ho incontrato persone speciali”.
 Ha anche l’ambizione di comunicare con la fotografia? Se sì, che cosa?
“Certo. Spero ogni volta che chi osserva, si immagini in un luogo lontano, in un mercato locale o tra le rovine di un antico monastero. Vorrei far “vivere” o “ri-vivere” un determinato luogo a chi non lo ha mai visto o a chi semplicemente non ha notato un volto o una scena di vita, per qualche strada affollata. Vorrei che fossero una testimonianza differente di viaggio, spesso siamo bombardati delle stesse immagini con colori surreali, o troppo perfette. In realtà la fotografia di viaggio è imperfetta, è normale sbagliare uno scatto rubato o non aver il tempo di trovare la giusta inquadratura perché le scene vanno e vengono, le persone si spostano o la luce non è adeguata. Il mio desiderio è raccontare la realtà dei luoghi visitati esaltando l’autenticità delle cose nonostante quello che ne derivi siano scatti non troppo precisi”.
 Quali sono le fonti di ispirazione?
“Vorrei dire che non ho ispirazioni e mi ispiro a me stesso, ma non è così: i grandi maestri della fotografia come Salgado o McCurry sono dei riferimenti per me e credo di aver uno stile che si mescola al loro, con le dovute proporzioni”.
 Progetti per il futuro?
“Senz’altro continuare a far conoscere me e i miei scatti e nel mentre visitare posti nuovi, culture diverse e vivere esperienze che un domani ricorderò con il sorriso sul volto, ovvero viaggiare”.
Leonardo Piva