Iphigénie en Tauride di Emma Dante venerdì al Ponchielli di Cremona

CREMONA Ritorna al Teatro Ponchielli, venerdì 3 dicembre alle ore 20 con replica domenica 5 alle 15.30, una regia di Emma Dante, dopo
il successo di pubblico e critica di Misericordia andato in
scena il 20 ottobre scorso. La regista siciliana si misurerà
con un titolo d’opera di Gluck: Iphigénie en Tauride, con protagonista una star del belcanto come Anna Caterina Antonacci nel ruolo eponimo. Con il soprano ferrarese ormai da anni di stanza a Parigi, sul palco saranno Bruno Taddia nei panni di Oreste, Mert Süngü in quelli di Pylade e Michele Patti in quelli di Thoas. Alla testa dell’Orchestra de I Pomeriggi Musicali, la bacchetta analitica di Diego Fasolis, qui nel suo elemento primigenio. L’opera, andata in scena per la prima volta al Teatro dell’Opéra di Parigi nel 1779, trae spunto dalla tragedia di Euripide. Durante la tempesta, sbattute dal vento Ifigenia e le Sacerdotesse si tengono strette in una catena umana. Mentre un’onda di sangue si muove furiosa, il proscenio viene occupato da una lunga fila di corpi agganciati tra di loro, alla fine della quale sta Oreste.
Nella quiete dopo la tempesta, purificato dalle calamità, un ventre chiaro accoglie il
tempietto di Diana in cui sei cariatidi reggono il tetto. Ifigenia si ripara nel tempio dove
vive in incognito, accudita dalle sacerdotesse che indossano pellicce e corna di cervo e
accendono incensi e si allenano a cacciare con frecce e faretre per difendersi. Le
sacerdotesse rappresentano la tenera proiezione dell’anima di Ifigenia, essendo
fanciulle greche lontane dalla patria come lei.
Ma nonostante sia salva, lavata e purificata dall’acqua sacrale, Ifigenia continua ad
essere turbata da un orribile sogno: Clitemnestra uccide il marito, il fratello Oreste
uccide la madre, ed infine lei stessa trafigge il fratello.
Anche le compagne appaiono sgomente per il sogno e quando Ifigenia invoca Diana
affinché le consenta di ricongiungersi con Oreste, le sacerdotesse si uniscono
commosse al suo pianto.
Nella Tauride tutti gli stranieri che mettono piede nel paese devono essere sacrificati
alla dea e quando Oreste e Pilade vengono condotti in processione dagli Sciti di fronte
a Ifigenia, Toante le ordina di preparare il sacrificio dei due giovani greci. L’esultanza
per il sacrificio scatenerà tra gli Sciti una feroce danza di morte.
Ifigenia in Tauride è una tragedia sull’amore e sulla fratellanza, sui sentimenti selvaggi
in cui il destino è più forte di qualsiasi scelta.
Ifigenia farà di tutto per salvare il fratello Oreste nonostante sconosca la sua vera
identità e Oreste farà di tutto per salvare Pilade, il cugino che ama più della sua vita
stessa. Oreste e Pilade vengono incatenati a colonne ioniche che muovendosi nello
spazio creano geometrie esistenziali. Oreste rincorre Pilade, lo abbraccia, lo bacia, ma
egli è allontanato dalle catene che lo tirano dalla parte opposta. I due giovani si
inseguono disperati, raccontando un amore impossibile.
Dall’altalena della vita Ifigenia deciderà di risparmiare uno dei due amanti e mentre il
tessuto chiaro del ventre si muove dolcemente, inviterà a salire nell’altra altalena, il
condannato che desidera ricevere la grazia.
Oreste salva l’amico spingendolo sull’altalena, scegliendo sé stesso come vittima ​
sacrificale, ma Ifigenia non se la sente di levare il coltello contro di lui e invoca Diana
perché le infonda nel cuore la crudeltà necessaria per compiere il terribile gesto.
Oreste viene preparato per il sacrificio, e lui stesso incoraggia la sorella, ancora
sconosciuta, dicendole che la morte è il suo unico desiderio, dandole una carezza
intenerito dal dolore profondo che lei gli dimostra.
Quando Ifigenia sta per levare il pugnale, Oreste si ricorda del sacrificio della sorella,
tanti anni prima, ed invoca il suo nome.
La tragedia si conclude con una grande battaglia tra i Greci e gli Sciti che viene risolta
dall’intervento ex machina di Diana che invita Oreste a tornare a Micene per esserne il
re, conducendo con sé anche la sorella al cui coraggio egli deve la vita.
Le sacerdotesse dalle tuniche chiare si vestiranno a lutto e dall’alto cadranno drappi
neri trasformando il tempio in un ventre oscuro.
Elide Bergamaschi