MANTOVA Sarà svelato oggi alle 17.30 il presepe allestito nel campanile di San Domenico dall’Associazione per i monumenti domenicani, in collaborazione con il Comune di Mantova, proprietario dell’edificio. Il luogo è particolarmente caro per storia e spiritualità all’Associazione essendo il solitario campanile è tutto ciò che rimane del grande e importante complesso conventuale di San Domenico (nel 1797 chiuso al culto, ridotto a caserma e poi abbattuto nel 1925) nella cui chiesa fu tumulata Osanna Andreasi nel 1505. Il campanile è l’unica parte rimasta del convento. La costruzione della struttura conosce due fasi distinte. Nella prima (XIII sec.) si innalza la torre quadrata in stile romanico (quella che si vede tuttora); nella seconda, dopo una lunga pausa, si aggiunge la parte apicale costituita da una torretta con cupola e guglia con globo dorato sotto il dominio della croce, oggi non più esistenti. Il campanile, terminato nel 1466, rimane inalterato per secoli, come si vede nelle stampe antiche, ma viene privato della sua parte superiore alla metà del XIX secolo, probabilmente nel momento in cui vengono abbattute le Beccherie di Giulio Romano. Il monumento è alto 30 metri.
Il presepe propone l’immagine della Natività affrescata in una cella del convento domenicano di San Marco a Firenze, per suggerire un legame, nel nome della stessa vocazione spirituale, tra il dipinto e il campanile di San Domenico di Mantova. La Natività del Beato Angelico (Guido di Pietro, 1395 circa- 1455), frate domenicano e pittore, fa parte della vasta decorazione ad affresco di San Marco, condotta tra il 1440 e il 1450.
In primo piano, davanti alla capanna di legno, intorno a Gesù Bambino disteso nudo sulla paglia, si collocano la Madonna e san Giuseppe, insieme con santa Caterina di Alessandria, una santa molto cara all’Ordine domenicano, definita dal solo attributo della corona d’oro, e da san Pietro Martire. Tutti sono inginocchiati e adorano a mani giunte. Entro la capanna si fronteggiano, sopra la mangiatoia, le teste dell’asino e del bue, nascosti dietro due pareti grigie e strigilate, come un antico sarcofago romano. Pittore religioso per eccellenza, Beato Angelico ama la luce chiara, simbolo della verità divina che informa il Creato, e possiede una cultura aggiornata sulle novità del primo Rinascimento fiorentino, che si esprime nella capanna in prospettiva e nella plasticità delle figure nello spazio, misurato dall’aggirarsi rotondo delle pieghe delle vesti.